giovedì 28 gennaio 2021

LA DISABILITÀ, cos'è?

La disabilità, cos'è? Non è solo una condizione fisica, non è solo l'impossibilità di fare (o non fare) alcune cose, men che meno una condizione irreversibile e che si può solo subire. è invece una condizione che cambia a seconda di come noi ci percepiamo e, sopratutto, di come gli altri ce la fanno sentire. Sì, sicuramente pone dei limiti, ma chi non ne ha? In altre parole, tutti abbiamo limiti, ma anche risorse e potenzialità, al di là della nostra condizione fisica, sociale e/o economica. Non bisogna dunque dimenticarci che non siamo la nostra disabilità, ma prima di tutto delle persone con delle difficoltà ma soprattutto PERSONE! Donne, uomini, bambini, ragazzi: insomma, siamo vita! Persone con un cuore, una mente e tanta voglia di metterci in gioco, provare a vivere pienamente ogni attimo. E, in quanto persone, abbiamo la necessità di essere NOI STESSI PROTAGONISTI della nostra vita, esprimendo ciò che siamo, sentiamo e ci portiamo dentro, liberamente come ogni essere umano dovrebber poter fare. In definitiva, la nostra disabilità ci appartiene, e perciò ci caratterizza, ma non è assolutamente tutto ciò che siamo, perchè siamo immensamente di più! A differenza di ciò che qualcuno vuole farci credere, abbiamo il diritto ed il dovere di essere liberi: perchè possiamo e dobbiamo anche noi, e forse soprattutto noi, affrontare gli urti della vita. Per questo dobbiamo essere liberi da chi ci vuole imporre il proprio punto di vista, liberi da chi ci vuol far credere che siamo incapaci o comunque che non valiamo; liberi da tutti coloro che, in maniera sottile e inconsapevole, intendono sottometerci alle proprie scelte/decisioni, intraprese con canoni che non sono i nostri. Sì, abbiamo il diritto di essere rispettati per quello che siamo e, sopratutto, il dovere di non farci mettere i piedi in testa da nessuno! In definitiva, abbiamo il dovere di essere rispettati ciò che siamo, giusto o sbagliato che sia: perchè come tutti possiamo essere imperfetti, come tutti possiamo sbagliare, ma non per questo ci dobbiamo sentire SBAGLIATI, giudicati e/o criticati per come siamo. Infatti, noi siamo ciò che siamo: così tanta bellezza ed imperfezione, un mare di sentimenti ed emozioni come ogni essere umano. Siamo così tanto: e siamo come il nostro cuore e la vita ci hanno forgiato, non ciò che vorrebbero le persone che ci stanno accanto, per quanto possano volerlo con AMORE. Siamo ciò che siamo anche grazie alla nostra disabilità: ed è la nostra capacità di usare il peso che ci portiamo dentro come contrappeso per affrontare le difficoltà che ci salva da certe cadute così rovinose. Perciò è nostro dovere prenderci cura di noi e cambiare giorno dopo giorno il nostro giudizio su noi stessi. Perchè noi siamo gli unici veri conoscitori delle nostre storie e delle nostre vite, gli unici che possono trovare le risorse per cambiarle. Che questo piaccia o no.

Il rispetto di noi stessi e delle nostre paure

E all’improvviso ti sale una paura che non capisci, non comprendi, ma che senti. pensi sia qualcosa che è successo, qualcosa che ti ferisce, ma poi capisci che ti sale un’ansia generalizzata. un'ansia che ti tiene col fiato sospeso, che ti tiene i nervi saldi, come se qualcosa debba prima o poi accadere. ed improvvisamente capisci: capisci che e' il tuo d.c.a. che parla: lui ti fa vivere tutto ciò che senti come ti fosse indifferente. Non so come spiegarlo, ma è come se tutto ciò che ti dicono le persone che ti vogliono bene ti fosse talmente indifferente, che non senti più di poterti fidare. e mentre provi questa sensazione, hai paura: paura che lui prenda il sopravvento, che in qualche modo, ci sia un_altra parte della tua persona che parla per te. e' una consapevolezza che ti distrugge, perché sa minare le tue certezze dalle fondamenta. Ma non quelle certezze razionali ,che costruisci giorno dopo giorno nel tentativo di vivere meglio la tua vita o di avere delle sicurezze, vere o meno che siano. e' una consapevolezza che ti coglie impreparato, all'improvviso, che si manifesta in un attimo in tutto il suo splendore. ti coglie all'improvviso, mentre abbracci la tua ragazza, mentre cerchi di fermarla e ti rendi conto che è un po' come fermare un treno mettendosi sui binari. Sai benissimo che non è la cosa giusta da fare, anche se mentre lo pensi ti rendi conto che la definizione di giusto e sbagliato ti sfuggono dalla mente, come fossero sempre state posticcie infondo. La senti fredda, e avesti la tentazione sciocca di mettere una mano sotto la maglietta, la canotta, per sentire se la trovi ancora, se là ci sia ancora la sua pelle, il suo calore, il suo respiro. E ci sono, ma improvvisamente non sei più il benvenuto in quel calore, perché c'è una nuova paura, c'è quella tensione, quel dolore che adesso ha bisogno di uscire allo scoperto, di seminare altro dolore dentro e fuori, intorno. Poi ci saranno le macerie, i silenzi, le domande a cui non osare dare risposte, ma per ora... per ora c'è la rabbia, la frustrazione, la paura. Puoi solamente starle vicino, starle accanto, e cercare che ti senta, che senta la tua voce nonostante il rumore del silenzio e delle emozioni che si fanno assordanti, quasi stridule come civette di una notte improvvisa. L'importante è non dimenticare che quella notte finirà. E che si può farla finire. Per sempre. Giona ed Enrico

lunedì 25 gennaio 2021

il valore del dolore

Ci vuole coraggio per tirare fuori ciò che si porta dentro, per essere se stessi. Ci vuole forza, determinazione e tenacia per rendersi conto che non si ha più tempo: un tempo per il nostro corpo. Un corpo che ha perso le forze per lottare, per combattere, per resistere a tutto il dolore che ha subito negli anni. un dolore che solo chi è passato personalmente lo può capire veramente. Sì ci vuole coraggio per rendersi conto che il proprio corpo non riesce più a resistere a tutto il dolore subito negli anni: un dolore che non è solo fisico (anche se ultimamente anche quello sta diventando assordante), sopratutto mentale. un dolore che col tempo ti ha sempre più scavato dentro: dentro al cuore e all'animo. Sì ti ha così distrutto da avere paura di condividere ciò che si vive, che si sente. Sì per anni ho evitato di parlare, per paura di essere giudicata, ma sopratutto non accettata e quindi sbagliata. sì nessuno, più di me, sa quanta sofferenza mi sono portata dentro, che in un certo senso mi ha segnato dentro. Mi ha così segnato che ho incominciato a odiare tutto ciò che non considerava il cuore e l’anima delle persone. In un certo senso ho incominciato a odiare ciò che permetteva di misurare e pesare il corpo: odio quella bilancia, quella macchinetta che misura le glicemie, perché misurano il corpo, ma non il cuore, l'anima e la mente. Quanto pesi sulla bilancia, non misura tutto il dolore che ti porti dentro, nonché meno ciò che pensi o vivi. misura però i nostri comportamenti e, in un certo senso, se non si sta attenti, quel valore diventa un giudizio, una critica, nei confronti della persona dimenticando, in questo senso, i suoi limiti, le sue difficoltà, ma sopratutto le sue esigenze. Per questa e altre ragioni ho odiato i medici, o comunque si occupa e si t occupato della salute in generale. si per anni ho incolpato i miei genitori perché non riuscivamo a capirci, ma poi, col tempo ho capito che eravate voi medici ad avermi tolto la fiducia necessaria per poter cambiare le cose. Non va dimenticato che qualcuno dei vostri colleghi, quando ero più piccola, ha "usato" il mio corpo un po' come voleva. Certamente non erano cattiva fede, lo faceva per capire, per conoscere meglio, ma quando lo faceva non si è mai chiesto se io fossi d’accordo o se invece mi feriva. Il problema è che da bambini, certe cose non si riescono adire e, se ciò lasciano cicatrici profonde, anche da grandi si fa fatica. sì per questa ragione, l'unico amico fedele era ed è il cibo: lui mi capisce, mi ascolta e non mi giudica mai. in k un certo senso, non ti fa sentire sbagliata, indegna di considerazione e amore. Tutte cose, che quella bambina che mi porto dentro, implora da sempre. Per questa ragione, per anni ho pensato che gli adulti mi avrebbero potuto aiutare un giorno, ma purtroppo, con gli anni, ho capito che non sarebbe stato cosi. Ho perciò sentito l'esigenza di provare a parlare: nel tentativo, vano, di urlare al mondo tutto quel dolore, tutto quell'amore mancato, che da troppo tempo andato reclamando. e in nome di quel amore, reclamato, ma fino in fondo accettato, che ho incominciato a percorrere quella strada pericolosa: quella del disturbo alimentare (binge eating disorder). Una strada che sto percorro rendo come un automobilista che corre in autostrada contromano. Una strada che a forza di percorrerla, mi sta distruggendo sempre di più. Ma io non riuscirei a percorrere altre, perché significherebbe non essere se stessi. Una strada fatta di schemi, di abitudini, di routine, che non mi appartengono, per il semplice fatto che non tengono conto del cuore e di tutto ciò che lui sente. Si ci vuole coraggio per essere se stessi, continuando a correre su un percorso che sai che ti porterà alla morte, quando, in verità, l'unica cosa che vorresti è vivere al pieno delle tue possibilità. >sì ci vuole coraggio a dare più peso al cuore e meno al proprio corpo, ma per me, chi non lo ascolta, non sta ascoltando me e ciò che sono.25 gen 2021, 03:12 In altre parole, è come se non mi considerasse e non tenesse conto di ci che sono e che sono stata, ma soprattutto non Tennessee conto di tutto ciocche ho vissuto. Per tutte queste ragioni, quando vi parlo, ascoltatemi, consideratemi e soprattutto, guardatemi negli occhi, perché li dentro c'è un mare di dolore in cui perdervi. un mare che non accetta più di essere inascoltato. Che chiede attenzioni, ma soprattutto il rispetto. Per questo, quando pensate di non avere più tempo, di essere sempre di fretta, ricordatevi delle parole di chi soffre, di chi ha vissuto sulla propria pelle la malattia, il dolore, la sofferenza. Non dimenticate mai che vivono le persone e le loro famiglie. Non dimenticate mai di ciò che hanno passato. Non dimenticate mai delle loro storie, Che quest’ultime si portano dietro. Ma soprattutto non dimenticatevi mai che avete davanti delle persone. Persone che hanno un cuore, una mente, un loro modo di vedere la vita, di organizzarla. Per questa ragione, vi prego, non date mai nulla per scontato. Perché, ciò che voi date per scontato, per altri, anche il gesto più piccolo, fa la differenza. Fatela anche a voi la vostra parte, fate la differenza. Fatela per chi vi dirà grazie per tutto quello che avreste fatto. Che non significa essere i migliori, ma significa averci provato con tutte le proprie forze, aver cercato di fare del proprio meglio aver provato ad esplorare sempre di più quel mare che ci portiamo dentro. Il nostro, Che, in fondo anche il vostro. ma quello che vi chiedo con ancora più voce è di tenere sempre conto delle volontà delle persone, che magari, non sempre coincidono col vostro volere professionale. Per questa ragione, ascoltateci sempre, dinanzi a qualsiasi istanza, perchè se la portiamo avanti, forse ci sono delle ragioni più profonde, chevale la pena di ascoltare. Infine, vi chiedo di "prenderci per mano" quando vi chiediamo aiuto, tenendo conto delle esigenze organizzative, ma ricordandovi che chi vi chiede aiuto, non lo fa per capriccio o perchè vi vuole mettere in difficoltà. perciò ascoltate quel grido d'aiuto, perchè, magari, voi sarete gli ultimi a poterlo fare, perchè un aiuto negato, o ritardato, è una vita in più persa. Infine, vi prego di basarri, non solo sul vostro sapere professionale (che nessuno nega), ma anche di quello esperienziale di chi avete d'inanzi: perchè, non solo è fondamentale per il miglioramento dellavitadei singoli, ma anche e sopratutto perchè quel sapere può essere d'aiuto ad altri. In tal senso, dove potete e riuscite, ri suggerisco di attivare attività di auto-aiuto, formato da reti spontane, nate all'interno delle comunità locali, perchè un sapere condiviso, può diventare una medicina al pari di quella faracologica. In altre parole, il potere della condivisione, non è solo necessario, ma obbligatorio, ai fini della cura, nonchè promuove una maggiore partecipazione diretta degli stessi pazienti, anche perchè, questo sarà uno dei modi migliori per rinforzarel'aderenza terapeutica, elemento fondante degli stessi percorsi di cura. In questo modo, il dolore e la sofferenza, diventano non solo elementi di fragilità, ma si trasformano anche in risorsa, per il singolo e per l'intera comunità

mercoledì 13 gennaio 2021

Ricordati chi sei stato, chi sarai, e chi vuoi essere. Per rendere migliore la tua vita.

ebbene sì, siamo arrivati all'inizio di questo nuovo anno. Un inizio strano, talmente strano, da non riuscire nemmeno a scrivere. Era giorni che volevo scrivere qualcosa, mettere nero su bianco quello che sentivo e sento, ma non ci riuscivo. Infondo come tutte le cose, anche il cuore ha bisogno dei suoi tempi. Tempi diversi, tempi che non possiamo giudicare. Sì, sono qui, sono qui che provo a tirare fuori ciò che vivo. Ma quante cose sono successe nei primi 10 giorni di questi inizio anno. Quante emozioni vissute, quanti momenti di discussione, quanta sofferenza. Sì chili e chili di sofferenza, una sofferenza sedile, che quasi sembrava impercettibile, ma la sentivi nelle ossa, la sentivi nel respiro, la sentivi nella quotidianità. Sì, in questi ultimi tempi ho fatto molto fatica a scrivere, perché tanta, troppa era la sofferenza che mi portavo dentro. A ciò che era peggio, era il fatto che nemmeno io riuscivo a capire, ciò che vivevo, ciò che sentivo. Mi sembrava di essere in un limbo, un limbo in cui tutto era oppresso. Oppresso dai giorni che passavano, giorni in cui il sonno prendeva spazio nelle mie giornate. Sì, mi volavano come il vento quelle giornate, mi scorrevano via senza che io nemmeno le vedessi. E quanto a fatica accettare che le cose andassero in questo modo quanta fatica ad accettare che avessi bisogno di spazio di tempo… Insomma quanta fatica ad accettare che le cose andassero in quel modo, che le giornate non avessero più senso finto quanta sofferenza sentirsi sul letto e combattere quotidianamente con la propria malattia, rendersi conto che in fondo puoi farci poco ma comunque niente. sì, quella è stata la sofferenza più grande. Arrivare a combattere fra la vita e la morte, e non sapere cosa poter fare. Arrivare a sentirlo di non potercela fare, ma cercare il coraggio per andare oltre, per andare avanti nonostante tutto… Si sono stati giorni molto difficili, giorni complicati, in cui la solitudine, la stanchezza, la paura hanno preso il sopravvento. In un certo senso era come se il passato tornasse a fare capolino, a farsi sentire in un certo senso. Era come se con le paure, quelle che per anni ho avuto, quello di non farcela, di non essere in grado di andare oltre la sofferenza stessa, mi avessero schiacciato, divorato, inghiottito in un certo senso. Ed è proprio lì, proprio in quei momenti, che devi farti forza, tirare fuori gli artigli, il coraggio, per trasformare quel dolore. Per fare in modo cioè quelle emozioni, i vissuti, non ti ricordino del tutto. Perché basta poco, basta veramente poco per soccombere.sì, c'è voluta la forza del mio ragazzo, dei miei genitori, ma soprattutto di me stessa per ricominciare ancora una volta, e ricominciare a credere che ce la potevo fare. Sì, quello che ho capito in questo tempo, E che certi demoni del passato, certe sofferenze, per quanto le possiamo trasformare, cambiare, render le nostre, tornano a farci tanto male. Per questa ragione, non dobbiamo mai permettere a loro di farci credere che tutto è perduto. Perché questo ci soffocherà, non ci aiuterà in un primo momento a tirare fuori tutta la forza che ci serve per cambiare le cose… in ultima analisi, quello che voglio lasciarvi, cari lettori, perché in fondo in un percorso di cambiamento, di crescita, le ricadute ci sono. Ci saranno continuamente con le ricadute. Infondo fanno parte del nostro percorso, ma non dobbiamo mai spaventarci. Dobbiamo ricordarci da dove siamo partiti e guardare la strada su cui intendiamo arrivare, ricordiamoci sempre quello che siamo stati, quello che siamo e quello che vorremmo essere. Ricordiamoci di tutto il dolore, la sofferenza, ma anche la gioia che quella storia, quel percorso ci ha donato. Un gentile, caloroso, fortissimo abbraccio a tutti voi che mi state accanto, che mi sostenete, che fatto in modo che questo percorso, che questa strada, sia condivisa. Sia in un certo senso portata avanti insieme. Uno dei principi a cui credo è proprio quello della condivisione, nella condivisione delle proprie storie, dei propri vissuti, delle proprie esperienze. A volte rendersi conto che la propria vicenda personale, sia importante, sia fondamentale, per gli altri, è un punto di partenza infinitamente potente. Un punto di partenza che a volte cambia radicalmente la vita delle persone. Almeno così è stato per me. Per questa ragione, mi auguro, vi auguro, buona condivisione, buon coraggio, buona forza di prendere in mano i propri demoni, le proprie paure, le proprie sofferenze. Perché ciò che ho capito con la conclusione dello scorso anno, è stato proprio questo. È stato il fatto che affrontando le proprie paure, e non certo senso è come dare la possibilità a noi stessi e superarle. Di non fare in modo che queste ci soccombono. Avanti tutta, senza mai tirarsi indietro.

forte come la morte è l'amore: in memoria di uno zio speciale!

sempre durante il mio matrimonio ho scritto questa lettera, dove parlavo con mio zio. Anche questo testo è stato emozionante, vivo di ricord...