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lunedì 25 gennaio 2021

il valore del dolore

Ci vuole coraggio per tirare fuori ciò che si porta dentro, per essere se stessi. Ci vuole forza, determinazione e tenacia per rendersi conto che non si ha più tempo: un tempo per il nostro corpo. Un corpo che ha perso le forze per lottare, per combattere, per resistere a tutto il dolore che ha subito negli anni. un dolore che solo chi è passato personalmente lo può capire veramente. Sì ci vuole coraggio per rendersi conto che il proprio corpo non riesce più a resistere a tutto il dolore subito negli anni: un dolore che non è solo fisico (anche se ultimamente anche quello sta diventando assordante), sopratutto mentale. un dolore che col tempo ti ha sempre più scavato dentro: dentro al cuore e all'animo. Sì ti ha così distrutto da avere paura di condividere ciò che si vive, che si sente. Sì per anni ho evitato di parlare, per paura di essere giudicata, ma sopratutto non accettata e quindi sbagliata. sì nessuno, più di me, sa quanta sofferenza mi sono portata dentro, che in un certo senso mi ha segnato dentro. Mi ha così segnato che ho incominciato a odiare tutto ciò che non considerava il cuore e l’anima delle persone. In un certo senso ho incominciato a odiare ciò che permetteva di misurare e pesare il corpo: odio quella bilancia, quella macchinetta che misura le glicemie, perché misurano il corpo, ma non il cuore, l'anima e la mente. Quanto pesi sulla bilancia, non misura tutto il dolore che ti porti dentro, nonché meno ciò che pensi o vivi. misura però i nostri comportamenti e, in un certo senso, se non si sta attenti, quel valore diventa un giudizio, una critica, nei confronti della persona dimenticando, in questo senso, i suoi limiti, le sue difficoltà, ma sopratutto le sue esigenze. Per questa e altre ragioni ho odiato i medici, o comunque si occupa e si t occupato della salute in generale. si per anni ho incolpato i miei genitori perché non riuscivamo a capirci, ma poi, col tempo ho capito che eravate voi medici ad avermi tolto la fiducia necessaria per poter cambiare le cose. Non va dimenticato che qualcuno dei vostri colleghi, quando ero più piccola, ha "usato" il mio corpo un po' come voleva. Certamente non erano cattiva fede, lo faceva per capire, per conoscere meglio, ma quando lo faceva non si è mai chiesto se io fossi d’accordo o se invece mi feriva. Il problema è che da bambini, certe cose non si riescono adire e, se ciò lasciano cicatrici profonde, anche da grandi si fa fatica. sì per questa ragione, l'unico amico fedele era ed è il cibo: lui mi capisce, mi ascolta e non mi giudica mai. in k un certo senso, non ti fa sentire sbagliata, indegna di considerazione e amore. Tutte cose, che quella bambina che mi porto dentro, implora da sempre. Per questa ragione, per anni ho pensato che gli adulti mi avrebbero potuto aiutare un giorno, ma purtroppo, con gli anni, ho capito che non sarebbe stato cosi. Ho perciò sentito l'esigenza di provare a parlare: nel tentativo, vano, di urlare al mondo tutto quel dolore, tutto quell'amore mancato, che da troppo tempo andato reclamando. e in nome di quel amore, reclamato, ma fino in fondo accettato, che ho incominciato a percorrere quella strada pericolosa: quella del disturbo alimentare (binge eating disorder). Una strada che sto percorro rendo come un automobilista che corre in autostrada contromano. Una strada che a forza di percorrerla, mi sta distruggendo sempre di più. Ma io non riuscirei a percorrere altre, perché significherebbe non essere se stessi. Una strada fatta di schemi, di abitudini, di routine, che non mi appartengono, per il semplice fatto che non tengono conto del cuore e di tutto ciò che lui sente. Si ci vuole coraggio per essere se stessi, continuando a correre su un percorso che sai che ti porterà alla morte, quando, in verità, l'unica cosa che vorresti è vivere al pieno delle tue possibilità. >sì ci vuole coraggio a dare più peso al cuore e meno al proprio corpo, ma per me, chi non lo ascolta, non sta ascoltando me e ciò che sono.25 gen 2021, 03:12 In altre parole, è come se non mi considerasse e non tenesse conto di ci che sono e che sono stata, ma soprattutto non Tennessee conto di tutto ciocche ho vissuto. Per tutte queste ragioni, quando vi parlo, ascoltatemi, consideratemi e soprattutto, guardatemi negli occhi, perché li dentro c'è un mare di dolore in cui perdervi. un mare che non accetta più di essere inascoltato. Che chiede attenzioni, ma soprattutto il rispetto. Per questo, quando pensate di non avere più tempo, di essere sempre di fretta, ricordatevi delle parole di chi soffre, di chi ha vissuto sulla propria pelle la malattia, il dolore, la sofferenza. Non dimenticate mai che vivono le persone e le loro famiglie. Non dimenticate mai di ciò che hanno passato. Non dimenticate mai delle loro storie, Che quest’ultime si portano dietro. Ma soprattutto non dimenticatevi mai che avete davanti delle persone. Persone che hanno un cuore, una mente, un loro modo di vedere la vita, di organizzarla. Per questa ragione, vi prego, non date mai nulla per scontato. Perché, ciò che voi date per scontato, per altri, anche il gesto più piccolo, fa la differenza. Fatela anche a voi la vostra parte, fate la differenza. Fatela per chi vi dirà grazie per tutto quello che avreste fatto. Che non significa essere i migliori, ma significa averci provato con tutte le proprie forze, aver cercato di fare del proprio meglio aver provato ad esplorare sempre di più quel mare che ci portiamo dentro. Il nostro, Che, in fondo anche il vostro. ma quello che vi chiedo con ancora più voce è di tenere sempre conto delle volontà delle persone, che magari, non sempre coincidono col vostro volere professionale. Per questa ragione, ascoltateci sempre, dinanzi a qualsiasi istanza, perchè se la portiamo avanti, forse ci sono delle ragioni più profonde, chevale la pena di ascoltare. Infine, vi chiedo di "prenderci per mano" quando vi chiediamo aiuto, tenendo conto delle esigenze organizzative, ma ricordandovi che chi vi chiede aiuto, non lo fa per capriccio o perchè vi vuole mettere in difficoltà. perciò ascoltate quel grido d'aiuto, perchè, magari, voi sarete gli ultimi a poterlo fare, perchè un aiuto negato, o ritardato, è una vita in più persa. Infine, vi prego di basarri, non solo sul vostro sapere professionale (che nessuno nega), ma anche di quello esperienziale di chi avete d'inanzi: perchè, non solo è fondamentale per il miglioramento dellavitadei singoli, ma anche e sopratutto perchè quel sapere può essere d'aiuto ad altri. In tal senso, dove potete e riuscite, ri suggerisco di attivare attività di auto-aiuto, formato da reti spontane, nate all'interno delle comunità locali, perchè un sapere condiviso, può diventare una medicina al pari di quella faracologica. In altre parole, il potere della condivisione, non è solo necessario, ma obbligatorio, ai fini della cura, nonchè promuove una maggiore partecipazione diretta degli stessi pazienti, anche perchè, questo sarà uno dei modi migliori per rinforzarel'aderenza terapeutica, elemento fondante degli stessi percorsi di cura. In questo modo, il dolore e la sofferenza, diventano non solo elementi di fragilità, ma si trasformano anche in risorsa, per il singolo e per l'intera comunità

sabato 18 luglio 2020

Riflessioni libere


Ciò che sicuramente è chiaro è la voglia di vincere e di non lasciarsi sconfiggere dalla negatività che si accinge ad arrivare quando non si reagisce a ciò che ci accade.

Nonostante tutto quello che ho passato, mal di testa, insogne, mal di gamba e ansie continue, cose che in diverse forme, quando sono stanca e affaticata, si ripresentano, la malattia non mi puteva sconfiggere, non poteva bloccare i miei sogni e soprattutto impedirmi di vincere nonostante tutto. Infondo cosa c'è di meglio di essere consapevoli, ma non volersi rispettare? Nulla, c'è solo la possibilità di poter realizzare ogni proprio desiderio lottando strenuamente. Per me amare la vita e me stessa, significa farlo, ma a piccole dosi.
Perciò non ho paura della morte, quella è invetabile, perché tuti prima o poi la devono toccare con mano, ma ho paura che la malattia mi impedisca di fare ciò che mi sembra indispensabile per essere felice.
Non credi allora che essere felici e saper vivere sia soggetivo e che il significato di “star bene” è in definitiva unico e soggettivo?
Per quanto mi riguarda, sono riuscita a costruirmi la mia vita personale e professionale, ma quella clinica resta sempre il punto saliente verso cui non ho mai voluto cambiare. Ma forse va bene così, accettare che non tutto può andare come noi vogliamo o come gli altri si aspettano che noi siamo: noi siamo solo il frutto delle nostre esperienze e dei nostri vissuti, solo questo ci può dire chi siamo stati e chi saremmo. Può certo, tutto è migliorabile, ma è giusto e coretto che ci acettiamo per quello che abbiamo raggiunto e per le strade che abbiamo percorso per arrivarci. E’ necessario quindi che ci guardiamo con compassione e con tenerezza, comprendendo la belezza che è racchiusa nei nostri cuori e nelle nostre menti, aspetto che pochi conoscono, ma molti ignorano. Però solo noi siamo artefici del nostro destino, perché siamo gli unici a conoscerci e siamo capaci  di comprenderne il limite delle nostre possibilità. Un limite labile, perché in realtà non c'è limite alla nostra vita. Se esiste la voglia e l'interesse di lottare, nessuno, nenchè meno la nostra mente, può impedici di riuscirci. Ma sai cosa significa lottare con un corpo che non ti semba appartenere, soprattutto, con delle orecchie che ti sembrano diverse da quelle altrui? Significa doversi adattare continuamente a un dispositivo che nemmeno tu sai perfettamente il suo funzionamento, cercando di comprendere quello che egli ti offre quotidianamente, ma con la consapevolezza che può modificarsi e disintegrarsi continuamente. Ma sai anche cosa vuol dire adattarsi all'ambiente che ti stta attorno cercando di analizzarlo, comprenderlo e appropriandosi della sua fiducia? Significa dover chiedere continuamente conferme, ma soprattutto dover trovare il coraggio e la forza di superare ogni paura che si ci presenta alla mente. Chi non ha a che fare con la sordociecità qualsiasi forma essa si presenta, non può capire cosa significa “accettare” di avere anche altre patologie, sintomi, complicanze, perché questa è una patologia complessa e articolata, più di essere solo sordi o solo ciechi. Significa avere difficoltà a entrare in contatto con gli altri e con le risorse umane che si possiedono. Essere sordociechi significa adattarsi ad una quotidianità che ti impedisce di formarti una cerchia ampia di relazioni, ma nonostante questo si cerca di lottare per tentare di portarsi a casa determinate vittorie. Essere sordociechi, significa anche, non sentire in certe situazioni, ma sentirci in altre, non capire certi concetti, ma comprenderne altrettanti. Significa insomma sapere che l'ambiente ti da degli stimoli che in certi casi comprendi e in altrettanti non riesci a acquisirli e farteli tuoi.  Essere sordociechi significa far fatica a rimanere in ambienti troppo affolati o aperti per tano tempo perché il consumo di energie e di acuteza mentale è limitata. Ciò non significa che stare con gli altri non siia possibile, ma significa essere consapevoli che, se si verifica un certa chiusura è normale, perché significa che in quel momento c'è bisogno di riservare le energie per fare una determinata attività. quindi se si verifica una chiusura non è perché non si accetta l'ambiente esterno, ma semplicemente per difendersi “dai ladri di energie” capaci di buttarti totalmente a terra anche con il morale.


Tutto si può spiegare, approfondire, capire, ma niente si può comprendere.
Tutto si po' sentire, percepire, ma diverso è comprendere ciò che si sta sentendo. Questo è essere sordociechi con impianto coocleare bilaterale.
Perché ci sono persone che non affrontano i problemi o, comunque, continuano a illuderti con i loro silenzi? Perché non si accingono a spiegarsi, parlare essere chiari fin da principio? Perché non dicono le cose come stanno? Perché siamo così complicati a questo mondo?
Per essere davero autonomi bisogna poter fare delle scelte,  che possono essere anche sbagliate, ma solo se sbaglio io, posso capire quale può essere la strada migliore della mia vita, se invece sono gli altri a dovermi dire cosa è giusto e cosa è sbagliato non riuscirei a modificare nulla della mia vita. Quindi la vita è mia ed è giusto che io sia l'unica responsabile delle mie azioni e che non ci siano altre persone che debbano dirmi cosa può essere o non essere giusto. Gli altri possono aiutarmi, supportarmi in questo percorso, ma non possono mai sostituirsi alle mie decisioni.

martedì 7 luglio 2020

Silenzio e amore

Preferisco momenti di silenzio e solitudine al posto di troppo amore per me poco comprensibile.

Avolte l'amore va dato a piccole dosi, perchè si rischia di far sentire la persona sofocata.

Quasiasi sia quell'amore: fraterno, genitoriale, sentimentale, ricordatevi di donarlo con cura e parsimonia, perchè avolte potrebbe sembrare un interesse insensato nei confronti di chi lo donate.

mercoledì 1 luglio 2020

Stare bene



Riconoscere ancora una volta che la differenza per stare bene dippende da quanto valore diamo alla nostra vita. Se quindi riusciamo ad amare noi stessi, accettandoci e rispentandoci (compresa la nostra salute) potremmo ricevere dall'ambiente amore e accettazione.
SE diamo valore alla nostra vita, dunque, riceviamo altrettanta valorizzazione daqi altri; se invece la demigriamo essa stessa ci svaluterà!
Affrontare tutto ciò solo con se stessi è più facile perchè conosci i tuoi scheletri; affrontare te stesso con gli altri è più difficile, perchè hai a che fare con le tue paure e con quelle del tuo interlocutore.
A volte però bisogna trovare il coraggio di affrontarsi e affrontare l'ambiente pur di trasformare le proprie paure!

martedì 30 giugno 2020

Il valore della vita

Solo essendo consapevole del valore della mia vita posso riuscire a usare ogni risorsa per andare avanti; senza partire da sé non c’è terreno su cui costruire. Viceversa, in genere si crea un rapporto di conflittualità con i nostri problemi. Li vogliamo eliminare senza avere il coraggio di guardarli in faccia e chiederci perché questo accade nella nostra vita. La difficoltà è invece proprio la spinta che ci induce, con coraggio e generosità, a provare e riprovare, sbattendo la testa fino a trovare la chiave giusta. Cercando di non cedere alle facili e comuni scappatoie che evitano di affrontare la difficoltà, quali dare la colpa agli altri perché la situazione mi mette in difficoltà, o scoraggiarsi a metà strada pensando di non farcela, e tanti altri. Dobbiamo metterci di fronte al nostro karma con un atteggiamento costruttivo e positivo, vedendo il bicchiere mezzo pieno, insomma, e non mezzo vuoto. Il karma è qui per stimolarci a creare alternative: non è un macigno che ci opprime, un’agghiacciante sequenza di colpe, ma uno stimolo a misurarci con il materiale più interessante e malleabile che ci sia: la nostra vita.,

martedì 23 giugno 2020

Avere coraggio


È difficile avere coraggio. Quindi è una fortuna non fermarsi, continuare a camminare... Finché non ci si ferma, non si ha il tempo di avere paura. In ogni caso, la paura non si può mettere da parte. Ricordiamoci comunque che chi ha avuto coraggio, ha avuto anche paura. A volte non si ha paura solo perché non ci si ferma. È facile quindi essere preda della paura, per questo è importante continuare ad andare avanti senza fermarsi. Anche nella perdita c'è paura, paura di perdere una determinata cosa, un affetto o una certa condizione. Persino nel percorso per raggiungere la propria felicità si ha paura di perdere quello che si ha ora, e questa è una forma di attaccamento. Ma, come si dice: «Cosa che ottieni, cosa che perdi», non possiamo mai sapere cosa succederà nel futuro, e nella nostra vita abbiamo esperienza solo di quello che abbiamo vissuto finora. Quando si ha paura di perdere si pensa che quello che accadrà domani potrà essere peggiore di quello che è accaduto fino ad oggi. Questa è insicurezza, perché si pensa di non saper mantenere quello che si ha. Poiché l'unica cosa che si conosce è il passato, è solo in base all'esperienza già fatta che si può affrontare l'oggi: perciò, per poter affrontare l'incertezza del domani, si deve essere convinti della propria esperienza. E per questo, più sicurezza si acquisisce, più facilmente si affrontano le difficoltà.

venerdì 29 maggio 2020

Meraviglia

Ci sono momenti della vita dolorosi, talmente dolorosi, che fai fatica a credere che le cose possano cambiare; ma quando perdi totalmente i tuoi riferimenti, è li che ti rendi conto veramente di chi sei e di cosa vuoi dalla stessa vita. Eh, l'unica cosa che rimpiango, è di non essermene accorta prima; perciò dico che Se in 20 anni di vita, mi fossi accorta della meraviglia che c'è in me, probbabilmente non mi sarei fatta cosi tanto male, ma non importa, ora me ne sono accorta e, nonostante il dolore, ho imparato a vedere quanto è bello sorridere in mezzo alle difficoltà.

giovedì 28 maggio 2020

La difficoltà qual è


Quanto è difficile rimanere fermi, fermi sul proprio dolore, sulla propria sofferenza. Rimanere focalizzati lì, sul proprio dolore non è facile. Evitare di scacciare via ciò che ci fa stare male è veramente complicato, è ancora più complesso comprendere e accettare ciò, se quella sofferenza è stata “creata” da noi stessi e dalla nostra condizione attraverso atteggiamenti/comportamenti che possono essere controproducenti per noi e per gli altri.
Si tratta di sofferenze che nascono da, un'inconsapevolezza dei propri stati emotivi, i quali si presentano prima dell'atteggiamento vero e proprio. Nel mio caso, si tratta di quegli stati emotivi che si presentano prima di una crisi di fame, capaci di farmi star male, anzi, abili a gettarmi negli abissi più profondi. Un dolore derivato dal peso che, i sensi di colpa, la paura, la vergogna e il senso di inadeguatezza influiscono su noi stessi. Tutte queste emozioni, nonostante pesino, si presentano ogni volta che “si vive qualcosa di negativo” o comunque di “frustrante. Inoltre, tali comportamenti si presentano quando si presentano continuamente quei comportamenti autolesionistici, come quello del mangiare compulsivo, aventi effetti devastante sulla vita psichica della persona. Ciò che si vive è veramente faticoso, ma piuttosto che affrontare la frustrazione, nel caso mio dell'incomunicabilità  con le persone che mi vogliono bene, si preferisce mantenere quel comportamento senza provare ad abbandonarlo. Questo porta a percepire in maniera continua quel senso di affaticamento che si presenta a seguito di una crisi di fame.
Lo so, è un paradosso, ma come è risaputo, spesso ci risulta talmente complesso gettare a terra quei muri creati dalle nostre stesse abitudini. Ciò risulta complesso, ancora più se dietro a quel comportamento abitudinario, non si è acquisito un grado elevato di consapevolezza dei  propri stati emotivi. Lo so, spesso la consapevolezza può uccidere, perché nonostante comprendiamo quello che accade, non riusciamo a dare una spiegazione logica ai nostri comportamenti. allo stesso tempo, ci aiuta a “guardare” con altri occhi, cio’ che ci accde.
percio’ una consapevolezza cosi’ ellevata, porta a sentirci incompresi e, quindi, non riusciamo a comprendere nemmeno le ragioni del nostro agire. Tutto ciò ci fa preoccupare perché ci porta a voler mantenere ancora più controllo su noi stessi e sulle nostre abitudini pericolosamente dannose. La consapevolezza, però, permette anche di incominciare un percorso di crescita e cambiamento, che sicuramente non è facile, ma che certamente permette di trasformare totalmente la propria vita. perciò, se vogliamo che questa trasformazione avvenga, è necessario un lasso di tempo lungo, in cui attendere con estrema pazienza al fine che i cambiamenti interiori si verifichino. Sarà proprio quel tempo necessario che permetterà l'inizio di profondo processo di cambiamento. Sarà quindi, grazie a quel dolore, difficile da accettare, che le cose potranno cambiare. Questo perché, sono qui momenti di stallo, di profonda difficoltà, in cui lanceresti tutto all'aria, in cui si recuperano le energie necessarie per affrontare tutto ciò che permette di modificare ciò che ci fa stare male. Non si può dire che sia facile, anzi, tante volte, sembra impossibile, perche’ saper vivere quei momenti richiede tanta motivazione e lucidita’ mentale. Essere lucidi in quelle situazioni, infati, richiede molta forza d'animo, molta energia da investire verso quel momento di difficoltà/problema. Insomma, decidere di “guardare diversamente” le nostre crisi, in partcolare quelle legate al cibo, non è facile. Perché se per abitudine, dopo una crisi, si presenta il senso di colpa, difficilmente si avrà la fermezza di vivere con positività qui momenti. Già anche da dire, che quei momenti avvengono quando sei stanco e hai una percezione di te stesso e della vita distorto. Pensi infatti che quello che fai è inutile, che tutto ciò che fai per gli altri non ha senso e soprattutto che gli altri fanno è sicuramente migliore di ciò che effettivamente tu riesci a effettuare. Lo so, sono tutti pensieri disfunzionali, ma esistono e rifiutarsi di vederli è solo un male. Forse, però, nel nostro caso, trascurare ciò che viviamo, sofocandolo nel cibo, è comunque un comportamento non positivo per noi stessi, che ne soffriamo e per gli altri che non riescono a capirci.

giovedì 21 maggio 2020

Vita


Guardalo quel sorriso, perchè saprai che dietro a quest'ultimo si cielano mille lacrime di dolore.

Lacrime che rendono comunque "bella", la persona che sono, perchè nonostante la fatica, fanno vedere quella parte più intima del mio essere. Sono belle quelle lacrime, perchè mi permettono di parlare. Parlare in modi diversi, ma comunque parlare. Eh, proprio mentre verso quelle lacrime che mi rendo conto di quanto la mia vita sia un insieme di oscurità e illuminazione, cosi forte che non si ci può immaginari. Un dualismo alquanto perfetto nella sua imperfezione.

Guardalo quel dolore, perchè se saprai conviverci quotidianamente, non solo ti insegnerà un casino di cose, ma ti permetterà di essere una persona migliore. Un po' diversa forse. >talmente diversa da rendertene conto solo nel momento in cui mi avvrai perso veramente.

Guardagli quegli occhi, che non aspettano altro di essere ammirati, perchè sanno quanto poterli guardare possano regalare una miriade di emozioni. Emozioni che, appunto, con le sole parole non si possono esprimere. Perciò è fondamentale "ascoltarmi" con tutti i sensi: con le orecchie, con le mani regalandomi abbracci intrisi di un'infinità di significati, ma sopratutto dagli occhi, con i quali se lo si vuole si può scrutare anche il mio cuore.

Eh, guarda quel cuore. Guarda quanto è forte e fragile allo stesso tempo. Guarda quanto pesa: l'insieme delle sofferenze passate, l'insieme delle miriadi di cose non dette, tutti i silenzi intrisi di pesanti parole. Insomma, tutto ciò che mi caratterizza in quanto persona si pesante, pallosa, ma anche ricca di un'infinità di parole non dette, silenzi sospesi e un'infinità d'amore. Quell'amore che cerco dagli mondo che mi circonda, senza rendermi conto che l'unica che se lo può dare veramente sono io stessa. Però, fino a quando non avvrò imparato a volermi bene, riempendo quel vuoto d'amore, con il voler stare veramente bene non potrò sentirmi veramente in pace con me stessa.

forte come la morte è l'amore: in memoria di uno zio speciale!

sempre durante il mio matrimonio ho scritto questa lettera, dove parlavo con mio zio. Anche questo testo è stato emozionante, vivo di ricord...