venerdì 1 marzo 2024

La ferocia di un corpo amartoriato!

questi giorni mi hanno fatto pensare a mio zio, al periodo in cui è venuto a mancaree ai tagliche mi procuravo su mio corpo. quei tagli non me li sono dimenticata, anzi, ancorami capita di volermifar male in quel modo, almeno non devo nuocere la mia salute col cibo, e quel che pensavo è che all'epoca non capivo perchè mi facessi così male. quello che penso è che un po' avevo bisogno di urlare il mio dolore, ma dall'altra avevo e ho bisogno, di ostruire quel corpo. quel corpo che per diverso tempo hanno voluto misurare, sezionare, pesare. sì, quel corpo che spesso tutti mi dicono essere "bello", per me è solo ingombrante, quasi troppo presente per i miei gusti. sì, ostruirlo, tagliarglo è un po' il mio modo per fargli guerra, per far guerra a chi ha voluto farmi male quando ero bambina. In alte parole,combattendo contro il mio corpo, non prendendomi cura di lui, non ascoltandolo, è come se in qualche modo avessi incominciato una guerra con quella categoria di persone che mi hanno fatto soffrire: i medici. Naturalmente alcuni medici (se ne salvano solo alcuni, quelli che hanno fatto ladiferenza; ma al di là di loro a cui devo molto, moltissimo, gli altri hanno avuto la capacità di abbusare diquel corpo. e allorada quel momento,da quando me ne sono resa conto, la mia ragione di vita e di morte è fare in modo che questo non accada più su nessun bambino! No, non esiste che un bambino venga misurato, pesato e denudato difrontre ai m@suoi genitori, senza dare spiegazioni su quello che si intende fare. Ancoora, nessun bambino dovrebbeessere giudicato "più o meno bravo" a secondadi quanto dimagrisce. No, questo è un modo più deleterio per far siluppare un disturbo alimentare. sì, nessun bambino dovrebbe subire quell'atrocità chevissuto sulla mia pelle. per questa ragione quando oggi vedo negligenza non riesco a tollerare nulla: anche un misero gesto, una parola di troppo, per me sono esageratamente dei gesti di violenza. sì, per me violenza è quando non mi sento ascoltata, quando non si fidano delle mieesperienze, quando pensano che essendo lorogli esperti tu non abbia voce in capitolo. violenza è anche chi non informa della presenza diqualcunaltro, anche operatore medico, che che è presente e sta visionando la tua situazione. violenza è chi fa di una parte del tuo corpo quello che vuole, senza chiedere il permesso, l'autorizzazione. in altreparole, chi decide al posto tuo se una determinata decisione va bene o meno. sì violenza è anche quando accendono e spengono il tuo impianto cocleare: non perchè facciano qualcosa dimale, maperchè si arecano il diritto di fare quello che vogliono sul mio impianto cocleare. io invece, che ne sono il vero possesore, non ho alcun diritto a programmare e gestire il mio processore in autonomia. capisco chi diceche è per unamia tutela, la verità è che anche gli esperti possono farti molto molto male. Naturalmente con delle limitazioni, credo che chi possiede l'impianto, debba essere libero di scegliere cosa fare del suo impianto cocleare. Quindi tornando al mio corpo,ad oggi, per me qualsiasi imposizione di potere, qualsiasi decisione che non comprendo fino in fondo, per me sono violenza. questo so che è esagerato, ma sono stata talmente traumatizzata da quelle azioni(che considero eticamente sbagliate), da continuare a soffrire come un cane ogni qualvolta vedo un operatore sanitario portare avanti azioni che non condivido e sopratutto non comprendo. Per questo, da quando ho memoria, ho incominciato a non eseguirei consigli medici e sopatutto a criticare ogni scelta che non condividevo. per questo motivo ho incominciato a mangiare: quello era (e ancora oggi è) il mio modo per urlare al mondo, cercando di far sentire la mia voce. solo qualche anno fa mi sono resa conto che per quanto io potessi urlare, facendomi male, nessuno mi poteva ascoltare continuando a farmi male. Ho capito che l'unico modo che avevo per farmi sentire era scrivere, parlare di ciò che mi fa e faceva stare male. Malgrado l'abbia compreso, non mi sono fermata: ho continuato a farmi violenza. Sì, violentarmi io, colpevolizzarmi, è diventato un abitudine. talmente abitudinario, che ancora oggi penso di "fareschifo", di non avere un corpo che mipiace. Anzi, se potessi, lo distrugerei sempre di più, nella speranza che qualcuno possa cogliere quel dolore che mi hanno fatto. sì, distrugermi, col cibo e con altre forme distruttive, mi resta uno dei modi che ho per farmi sentire. e ricordare a chi hmi ha violentata che certe parole, azioni, lasciano il segno. eccome se lasciano il segno: possono distrugerevite intere!x
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I giudicipiù severi non sono gli altri, ma siamo noi stessi!

è un po' che non mi accadeva: mi sento depressa. no. non triste. sento che faccio fatica ad alzarmi dal letto e sopratutto non capisco perchè sto così male. litigo per ogni cosa col mio ragazzo e tutto diventa difficile da affrontare. Poi ho avuto dei dolori fisici articolari alla gamba destra e il mio umoreè sceso ancora di più. questo perchè non so bene la ragione del mio dolore. Provo a communicare questo dolore al mio ragazzo che mi chiede di fare una misurazione glicemica. a quella richiesta, come al solito, non me la sento, non ho voglia di sentirmi valutata da quei numeri. lui lo capisce e nonostantela preocupazione mi lascia stare. dopo poco ribadisco il mio fastidio fisico e allora come commento istintivo h.a detto: allora non ci siamo` per me quellafrase ha suscitato rabbia: stavo male e avevo solo bisogno di vicinanza, di ascolto e comprensione. Con quella frase ho invece percepito che tutto non andava bene,che anche i minimi sforzi sono una merda e non servono a niente. in altre parole mi sono sentita ancora di più uno schifo. dall'altra parte non c'era nessuna intenzione di giudicare, nenchè meno di dire che tutto non andasse bene, ma per certe cicatrici del mio passato, ho percepito in un momento di difficoltà, che tutto stava andando arotoli. La verità come dice lui è che per ragioni legate a come mi hanno fatto sentirein passato, quando mi si dice qualcosa sulla mia salute, la vivo come un affronto, anche quando non c'è alcuna intenzione di attaccarmi. E allora mi chiudo, non ho voglia di parlare e vorrei solo essere lasciatain pace. Quel che è chiaro è che quelle cicatrici bruciano e che ogni qualvolta si toccano mi viene da gidare: "basta toccarmi. mi lacierano il cuore` ma fino a quando continuerò a giudicarmi, criticarmi e valutarmi io stessa, ancora prima che lo facciano gli altri, non avrò modo di buttare giù quel muro che mi impedisce di guardare tutto con più leggerezza e con meno sofferenza.

quando vivere intensamente fa paura!

Questi sono giorni incasinati. il dolore fisico aumenta, quello mentale si acentua. tutto ti sembra triste, terribilmente infelice e quando qualcuno prova a farti ridere tu non ci riesci. quasi ti arrabbi perchè sta ridendo e tu non ci trovi nulla di divertente. la verità è che dentro ti senti fragile, quasi incapace di affrontare il casino di emozioni che hai dentro. quello che sto capendo è che fino a quando la mia vita è "ferma", non in movimento, tutto apparentemente sembrava più calmo,meno complicato da vivere. quando invece ti trovi a mettere in moto la tua esistenza, ti rendi conto che vivere significa anche fare conti con le proprie emozioni. quello che è vero, che farci i conti, vivere il caos che le appartiene fa quasipiù male di "stare fermi" e non provare nulla. almeno questo è quello che pensa la mia testa: quello che devo fare è però ingannarla e dirgli che non è vero, che vivere vale la pena perchè si possono aprire strade che stando fermi non si possono assolutamente percorrere. Ma fare i conti con il proprio casino emotivo, provando a portare avanti i propri sogni, è molto più complicato di lasciar perdere tutto. D'altra parte, aver rimandato, non è che mi ha cambiato molto: mi ha solo fatto sentire ancora più incapace è inutile. La verità è che ho tutte le carte in regola per farcela, ma ho paura. ho paura di vivere intensamente, ogni attimo, di emotività e darmi quindi la possibilità di fare esperienze nuove, diverse, che hanno come rischio quello di esporsi. esporsi con la propria personalità e quindi col proprio caratere: un caratere che può essere giudicato, criticato enon visto di buon auspicio da parte di molti. sì, devo avere il coraggio di andare oltrequella paura: la paura del giudizio, di essere ferita perchè qualcosa che faccio o dico vengacriticata da qualcuno. la verità è che c'è sempre qualcuno che non ci vedrà di buon occhio, dobbiamo imparare a farci i conti e provare a vivere intensamente nonostante tutto.

forte come la morte è l'amore: in memoria di uno zio speciale!

sempre durante il mio matrimonio ho scritto questa lettera, dove parlavo con mio zio. Anche questo testo è stato emozionante, vivo di ricord...