Prima di scrivervi cosa è sucesso e racontarvi come mi sono sentita devo farvi una premessa che ritengo doverosa fare:
chi mi conosce e mi legge sa perfettamente come uso questa pagina pubblica per parlare di me, della mia storia e dei vissuti che questa comporta; ma sopratutto sa quanto per me condividere il mio vissuto sia una forma di battaglia collettiva. Racontare ciò che accade a me, serve anche per parlare delle battaglie di tanti, di molti che possono e si trovano a combattere con le stesse sofferenze con cui ho a che fare anch'io, in quanto ragazza, donn, con delle disabilità sensoriali e con una malattia cronica e rara quale è la Sindrome di Alstrom. Parlarne credo sia stato il mio modo per uscire dall'oscurità e provare a comunicare ciò che mi acade al mondo. In altre parole, molti di voi, sano come questo spazio, il Blog mi ha salvato dai momenti bui che ho afrontato. Momenti che esistono ancora oggi, la differenza che oggi provo a condividere ciò che provo con i professionisti giusti, provando a manifestare le mie opinioni ai diretti interessati. e così è stata anche questa volta: stufa del fatto che nessuno riusciva a leggere queste pagine, ho pensato bene di condividere il mio pensiero, di esprimerlo sia pubblicamente, che ai medici diretti interessati. devo dire che avevo tanti pregiudizi, ma confrontandomi ho trovato anche chi ha provato a capire e sopratutto ad ascoltare: che era quello di cui avevo bisogno da una vita.
Detto ciò, andiamo al dunque della questione:
come dicevo io ho una sindrome rara, che ad oggi non ha una cura, ma si cercano di tenere sotto controllo le singole patologie legate alla sindrome stessa: fra le varie cose di questa malattia esiste anche il diabete melito. nel mio caso soffro di diabete di tipo 2: probabilmente, ne avrò ancora parlato in questo blog, ma non ricordo.
il punto è che a inizio marzo scopro di essere in attesa: una bella cosa direte voi. purtroppo non sono riuscita a vivermela bene: come l'ho scoperto, dopo qualche giorno scopro di aver subito un aborto spontaneo. nulla di nuovo direte voi: accade spesso, sopratutto nelle donne che ci stano provando per la prima volta. Il problema è che avendo io una patologia come quella diabetica, oviamente ha messo in allarme tutti gli operatori sanitari che in quel momento mi seguivano. anche questo non è stato un problema, quelo che sia io come donna, sia il mio compagno, in quanto parte della coppia, abbiamo percepito come problematico è stato il risvolto psicologico che tutta questa vicenda ha comportato. e posso dire che se i dolori fisici (derivanti dall'aborto spontaneo e dall'attesa che l'utero si ripulisse) sono durati all'incirca 2 settimane, quelli psicologici sono stati ben più pesanti e molto più difficili da accantonare. se poi si aggiunge che nel frattempo stava giungendo il primo anniversario della morte di mio zio, quello che è morto per una grave malattia nel 2023, allora tutto si faceva più complicato e doloroso. il problema è che non condividendo con i propri cari, tutto risultava ancora più pesante e doloroso. posso dire che il senso di solitudine è stato quello che ho percepito magiormente: tutti erano pronti a puntare il dito verso di me e il mio compagno, dicendoci che stavamo facendo un'atto incosciente e senza valutarne i rischi. La verità che noi abbiamo fato ciò che ci sentivamo, seguendo il cuore e la nostra volontà; fa naturalmente questo non è stato compreso. Ancora meno, nel momento in cui invece che sostenerci e incoraggiarci, hanno cercato di fermaci, di dirci che non saremmo stati in grado di farcela da soli. in altre parole, siamo stati considerati da qualcuno "fragili): come se avere una disabilità impedisse di avere delle responsabilità, di fare scelte e pagarne le conseguenze. ma quello che mi ha ferito ancora di più, è sentirsi dire che appunto la società avrebbe considerato la nostra coppia, in presenza di un figlio, come "fragile): come se non vederci o non sentirci ci impedisse di essere "genitori" come gli altri, tanto da dirci che se rintraprenderemo questa scelta dobbiamo costruire non solo una rete medica (che naturalmente era ovio, vista la mia situazione clinica), ma anche sociale, dovendo affidarci ai servizi sociali. Nulla da avere contro gli Assistenti Sociali, ho studiato per questa professione e non ho nulla contro chi fa questa professione: anzi penso che se fossimo a loro carico, avremmo degli aiuti che magari non conosciamo; il punto è che la legge lo richiede nel momento in cui hai una o più disabilità, per valutare se in quanto persone con disabilità, siete in grado di badare lle cure di questa creatura. Capisco se mi trovassi a maltrattare mio figlio, o a farli violenza, o se mancassi ai suoi bisogni, ma avere una o più disabilità non implica non prendersi cura di qualcuno, sopratutto se quest'ultimo è più fragile. Quindi oltre alla sofferenza per aver perso un figlio, alla consapevolezza che pochi, anzi pochissimi possono capirti/capirci, si al fatto che sei solo perchè hai paura di condividere ciò che ti è accaduto per via delle critiche e dei giudizi che chi ti vuole bene può farti, si aggiunge anche il fatto che vieni eticchetato come incapace, meno bravo, meno competente di altri per via della tua sordociecità. Inoltre c'è anche il fatto che hai una patologia poco compensata e ciò significa che portare avanti una gravidanza è contro indicato, come se ciò che si sente nel cuore e nella testa delle persone fosse contr indicato. so di esagerare, ma alla fine, se non mi fosi cercato uno psicoterapeuta per conto mio, ciò a cui si è dato importanza è stato per lo più dal punto di vista medico. capisco la ragione, ma forse anche il dolore che stavamo vivendo come coppia avrebbe dovuto essere considerato, cosa che purtroppo hanno fatto in pochissimi.
come dicevo all'inizio, questa è la mia storia, la mia esperienza, ma credo che non sono l'unica ad avere una disabilità e a trovarmi in una situazione simile; se poi a tutta la mia complessità medica, si aggiunge l'omertà che c'è ancora atorno a questi argomenti, quelli dell'aborto, del lutto e sopratutto del luto perinatale, posso dire che il carico di sofferenza è stato ancora più acentuato.
ripet!, fortunatamente ho trovato più di qualcuno che ha provato a capirmi, ma ho l'impressione che per quanto abbiamo capito i diversi punti di vista, si vada avanti a parlare in linguaggi diversi: noi che vogliamo essere genitori e che avendo avuto una gravidanza, ci sentiamo già famiglia; loro, i medici, che guardano alla complessità medica, ignorando forse, il fatto che q qualcuno ha un desiderio così profondo, sapia fermarsi così facilmente davanti a dei no. Forse si trata di incoscienza, forse di presunzione, ma quello che penso è che forse ciò che sarebbe giusto fare è rispettare la scelta di quella coppia e aiutare perchè quel desiderio possa essere realizzato, per quanto questo possa rendere le cose complesse e difficili da afrontare, perchè come lo si fa con chiunque è importante, anzi fonamentale, farlo anche quando esistono anche delle disabilità: anzi, quest'ultime devono essere viste come punti di forza, non come limiti, cosa che spesso la società continua a pensare. Inoltre, ciò che penso, è che invece che limitare, impedire, forse bisognerebbe costruire strumenti, risorse, che aiutino queste coppie a fare il massimo, invece che considerarle parte debole della società.
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