lunedì 4 novembre 2024

forte come la morte è l'amore: in memoria di uno zio speciale!

sempre durante il mio matrimonio ho scritto questa lettera, dove parlavo con mio zio. Anche questo testo è stato emozionante, vivo di ricordi e sopratutto condiviso emotivamente da tutti.

ci manchi sempre zio sia per noi nipoti, che per i tuoi fratelli che ti pensano sempre.

proteggici e regalaci sempre quelle emozioni che hai saputo regalarci in vita.

un abraccio da parte di tutti, anche da parte di noi due.



In memoria di Budin Karafil Jonuzaj, uno zio speciale, che mi ha fatto capire quanto "forte come la morte è l'amore".

Ci sono giorni che ti restano nel cuore, che ti segnano per un'intera vita. Questo, quello che stiamo festeggiando oggi, è sicuramente uno di questi: uno di quelli che ti restano dentro; ma c'è ne sono altri, alcuni, che non avresti mai pensato di passare. Quando ci pensi, quando ti salgono alla mente, sai che non potrai cancellari dal cuore e quanto cuore hai messo per stare accanto a chi vuoi bene.

Sono passati 5 anni da quando per telefono, via messaggio, mio fratello mi disse che una persona importante non stava bene. Quando mi scrisse ero all'inizio della nostra storia, forse una delle sere che rimasi assieme ad Henry al Clesio, in studentato. Sì era una sera, una sera che non sarà più la stessa da quel momento in poi: da quel momento quanti taxi presi per andare a Trento, per accompagnarlo in ospedale, per fare il possibile, quanti pianti visti fare di nascosto, quanta rabbia avuta con Dio, quanta rabbia sputata. Sì mi ricordo quel dicembre, ricordo tutto lo sforzo fatto per garantire le cure, per garantire il meglio a un fratello. Sì mi ricordo i 4 anni passati assieme fra momenti belli e meno belli. Sì ricordo anche il dolore, la sofferenza che vedevo in tutti, in tutti noi che non potevamo fare più nulla man mano che passava il tempo. Ma ringrazio chi non si è mai perso d'animo, chi si è rimboccato le maniche per tutto quello che ha fatto, forse non se è l'è sentito abbastanza dire. Sì ringrazio chi ha saputo stare accanto anche quando forse gli è stata voltata la schiena, ma so che là su ci sta guardando tutti e a noi la schiena non c'è l'ha mai voltata, quindi abbiamo il dovere di esserci. Qualche mese fa mi ha fato un dono, un piccolo grande dono, che si è preso subito, ma lui solo sa assieme al padre eterno come sono andate le cose. Quello che vi chiedo ora è di ricordarlo e soprattutto di ringraziarlo perché sono certa che assieme ai nonni è lì che ci protegge tutti. Per questo chiedo a chi vuole di cantare tutti insieme il suo ricordo.

Grazie zio, che sei stato più di uno zio: anche quando non cela facevi più mi hai rivolto le tue parole e ci sei stato per me come ho provato ad esserci per te, per questo ti ringrazio per tutto, per ogni dono che mi fai ogni giorno, anche quando dentro tutto si fa buio, so che ci sei e che ci proteggi sempre. Mi raccomando veglia sempre su tutti noi e proteggici da tuttocome hai fatto per me in questi mesi: mesi di emozioni, di casino emotivo, di vite arrivate, poi subito mancate, di gioie e dolori. So che tu hai saputo proteggermi dal peggio, da tutto quello che è stato il dolore. Per questo ti ringrazio e ti voglio bene, come te ne vogliamo tutti noi qui presenti, presenti in un momento di festa: la mia festa, la nostra festa.

Ti voglio bene, te ne vogliamo tutti noi qui presenti e non solo!!!

E ora invito qui una persona speciale, un altro zio, il tuo fratello preferito, quello a cui eri tanto legato, a cantare una canzone in tuo nome.

Un abbraccio zio, che là su tu stia bene e non soffra mai più. 

noi due insieme per sempre!

in data 26-9-2024 abbiamo celebrato il nostro matrimonio: è stata una giornata piena, colma di emozioni.

e sopratutto è andata come volevo io: con le musiche albanesi, con la celebrazione in Chiesa e sopratutto con tutte le persone che voglio bene fra amici e parenti!

ringrazio tanto tanto i miei genitori, mio fratello e la persona che mi sta accanto ogni giorno: Enrico. posso dire che da quando abbiamo deciso di intraprendere questo percorso il nostro raporto si è rinforzato molto e questo posso dirlo con convinzione.

di seguito publicherò le nostre promesse: piene di amore, forza e determinazione, nonchè di speranza per molti, oltre che per noi stessi.


Promesse Giona:


Quando si sta male, si sa, pochi sono quelli che restano, e tu, tu sei rimasto in tutti questi anni. Fin da quando ci siamo conosciuti, da quel 2016, sapevo che tu eri la persona giusta, quella che faceva per me, che sapeva tirarmi fuori anche quando dentro mi sentivo morire. Sì tu ci sei sempre stato, anche mentre avevo gli attacchi di panico, anche nel più grande casino alimentare, tu eri sempre lì ad ascoltarmi, a darmi una parola di confortoSì è vero ti coinvolgevo troppo, ti trascinavo nel mio dolore, ma so che pochi ci sarebbero stati come hai fatto tu: sei stato in grado di esserci sempre nellagioia e nel dolore. Ci sei stato sempre anche quando avresti voluto chiudere, anche quando avresti voluto lasciar stare tutto, sì, tu sei stato capace di prendermi per i capelli più volte, mentre le depressioni mi divoravano sempre più.  Ancora una volta sei stato in grado di prendermi in braccio e sciogliere più volte il dolore con un abbraccio, dicendomi proprio quel novembre del 2019, di non chiudermi, di non ingabbiarmi nel mio stesso dolore. Sì, la vita è incasinata, la sofferenza ancora oggi viene a farci compagnia a volte, ma noi con un abbraccio, con un sorriso sappiamo andare avanti, anche quando dentro i mostri vorrebbero distruggerci. Ecco ti prometto di dirti come sto quando non sto bene, di dirti tutto anche quando so che fa male, di esserti vicino anche quando dentro ti sentirai solo. Ma soprattutto ti prometto di rimanere la ragazza che hai conosciuto 8 anni fa: quella ragazza ricca di emotività. Sì te lo prometto, resterò sempre quella bambinatenera che si fa fare tutto. Ti prometto di sconfiggere i miei demoni uno alla volta, standoti accanto, amandoti ogni giorno. Ti prometto di darti la dolcezza che mi doni ogni giorno, di esserci come amica, compagna e moglie sempre e comunque. Ti prometto di realizzare il nostro sogno: quello di avere unafamiglia, la famiglia che abbiamo sognato e provato a realizzare. Da oggi ti prometto di prendermi cura di me per realizzare questa famiglia, per poter accogliere i doni che Dio ci vorrà dare. Ti prometto di non smettere di vivereintensamenteperché per quanto sia dura, per quanto sia sofferente, voglio provare a stare bene, stare bene veramente. Sono stufa di stare bene per finta: e so che tu saprai staresempre al mio fianco, donandomi tutto l'amore e la protezione di cui ho bisogno. Sì ti prometto che andrò a farmi aiutare come sto facendo adesso: lo faccio per noi, per trovare un equilibrio, il nostro equilibrio, quello che ci serve per stare bene, per non soffrire più come in questo periodo. Te lo prometto, la sconfiggeremo insieme la depressione: facendoci forza l'un l'altro. Ti prometto di non smettere di sorridere, di non smettere di darti tutto il mio cuoricione: l'hai avuto dal primo giorno e ce l'avrai sempre, anche quando tutto si fa duro, tu ricordati di queste parole, ricordati del mio cuore e vedrai che non mi perderai mai. Sì, ti prometto di esserci anche quando ci perderemo, sono sicura che sapremo sempre ritrovarci, perché quello che ci tiene uniti, che ci tiene saldi, è l'amore. Un amore fatto anche di sferzi, di discussioni, di cose dette in faccia quando non ce la facciamo più, ma lo stesso che ci ha fatti incontrare in quella fatidica università. E a proposito di università, ti prometto di finirla, di concluderla e di cercare la mia strada. So che non è per quello che ho studiato, ma so che insieme troveremo il percorso giusto, la strada che mi porterà a sentirmi valorizzata veramente. Sì te lo prometto! Ti prometto di provarci, di provare a tracciare il mio percorso, la mia strada, che sicuramente è assieme alle persone: alle persone sensibili come noi. Sì, ti prometto di tenere sempre quella sensibilità, anche se so che a volte potrà farci male. Lo sai non sono in grado di lasciar perdere, di ignorare, di far finta di niente.. e poi, quando faccio finta di niente, arriva il punto di scoppiare. Sì, ti prometto di poterti prendere in braccio quando non ce la farai più, come tu hai fatto con me, ma soprattutto ti prometto che il dono che ci ha fatto da là su lo Zio, si realizzerà presto, prestissimo. So di avere una malattia di merda, ma te lo prometto, farò di tutto perché tu possa diventare il papà più felice di questo mondo. Te lo prometto fin da ora e soprattutto ti prometto che sarà ancora più bello, perché sarà fatto assieme a tutti: medici, operatori sanitari e del privato sociale. Insomma tutta la rete di cui avremmo bisogno perché noi possiamo stare bene soprattutto essere felici. Sì, ti prometto di poter essere felice sempre anche in mezzo alle tempeste, anche nel casino delle difficoltàperché come spesso mi dicevo quando stavo male:dietro alle nuvole ci saranno anche tanti arcobaleni. Sì, ti prometto di vederli insieme quegli arcobaleni.


Promesse Enrico:

Siamo cresciuti e abbiamo camminato Insieme, giorno dopo giorno, attraversando le vicissitudini di una vita che è sempre stata intensa, simile alle montagne russe. Un turbinio di emozioni e vicende diverse, mentre a poco a poco la vita ci guidava, duramente a volte.

Ma tu c'eri sempre, c'era sempre il tuo abbraccio.

Ricordo la città che si spegneva durante il Covid: e tu che nonostante tutto sfidavi tutto il silenzio e il clima di paura perraggiungermi, per un altro abbraccio prima del lock-down.

Ricordo i miei primi giorni di lavoro, quando vivevo l'ufficio come una prigione: e tu che senza parole cercavi di farmi capire che questo era il modo per iniziare, per costruire il nostro futuro Insieme.

Ricordo quando non sapevamo come fare a raggiungere qualche posto e mi balenava l'idea di tornare a casa: e tu ti rifugiavi tra le mie braccia e mi dicevi di non arrendermi. Lucente e pulita come solo tu sai essere, in mezzo a tutto quel cemento e lo smog della città.

Abbiamo camminato Insieme giorno dopo giorno, Insieme anche quando non era facile, anche quando la situazione si faceva veramente complicata e ci voleva sangue freddo.

Mi hai insegnato ad essere un uomo, adulto: a prendermi le mie responsabilità, a capire che nella vita non si può tirarsi indietro: bisogna saperla afferrare, sentire. A non aver paura di perdermi, perché alla fine ci saremo ritrovati, diversi ma sempre Noi.

Tu eri accanto a me quella sera, quando avevo così tanta paura sentendo a poco a poco la realtà allontanarsi. Eppure avevobisogno di sentirti sorridere, e per questo scherzavo sull'ambulanza. Eri con me quando abbiamo provato a prenderci cura di un cagnolino, e bisognava prendersi carico anche delle mansioni più sgradevoli. Abbiamo imparato ad accettare un "fallimento" e a trasformarlo perché non lo fosse più, ma anzi potesse essere qualcosa che ci rendesse migliori.

Sei con me quando mi sento spezzato e fragile, e sai diventare una leonessa, proprio come il tuo segno zodiacale, quando senti di dovermi proteggere. Mi hai aiutato quando economicamente mi trovavo in difficoltà, quando il mio stomaco faceva le bizze, quando un'influenza mi metteva K.O.

Giorno dopo giorno, hai lasciato un segno sempre piùprofondo dentro di me, fino a farmi sentire che non riuscirei a stare senza di te, perché sei parte di me.

E allora ecco qui le mie promesse, come spiccioli sul banco del Gambrinus all'inizio di una nuova giornata, ma sono tutto ciò che ho per dirti che ti regalo il mio cuore:

Ti prometto che tra le mie braccia troverai sempre casa, rifugio, riparo, e che per te combatterò le ansie e le paure per continuare a guardare dentro e davanti a noi, diritto, con il coraggio di vivere la vita fino in fondo come mi hai insegnato.

Prometto di ascoltare i tuoi silenzi fino a sentirli dentro di me, e guardare la luce che sei quando fuori sarà buio e la pioggia della vita bagnerà la nostra pelle e ci farà sentire freddo dentro. E anche allora non lascerò che questo fuoco si spenga: perché possa essere ancora e soltanto calore e accoglienza, per te e chi verrà.

Prometto che ti lascerò seguire ogni sogno, anche quando la paura saprà togliermi la voce nella sera: e anche allora mi troverai al tuo fianco, fragile e forte come siamo noi.

Affronteremo i passi incerti della vita mano nella mano, con il nostro cuore come bastone e cercando di custodirlo ma senza mai smettere di usarlo.

Starò sveglio se ti sentirai stanca e mi lascerò cullare quando stanco sarò io: e insieme supereremo la tempesta.

Ma quando non sarai sicura di meritare tutta la bellezza e la dolcezza del mondo, ricordati di me, di noi e di ogni cosa ci ha saputo donare la vita, di ogni cosa ci siamo donati, per fugare ogni dubbio.

Per tutto questo, chiedo aiuto e mi affido a Dio.

venerdì 23 agosto 2024

un bisogno esistenziale: senza la narrazione del mio vissuto, delle mie battaglie, non riesco a vivere!

 sono qui sul letto, nel tentativo di trovare le forze, l'energia per andare avanti. e improvisamente, guardando alcuni video di una persona che ho conosciuto ad alcune manifestazioni del Fiochetto Lilla,  quel freddo che mi portavo dentro improvisamente mi si è sciolto tutto. è come se avessi bisogno di vivere relazioni intense, di vivere contatti forti che possano darmi emozioni. non mi basta stare accanto a qualcuno che mi vuole bene. sì, so che che se ho bisogno c'è sempre, ma ho bisogno di fare il colmo di emozioni. e pur di sopravivere, di resistere, mi congelo dentro al mio guscio di fatica, di sofferenza. so che vivere quell'emotività significa metersi in discussione, provarci, ma so perchè mi tengo aganciata alla mia sofferenza: lei mi sostiene, mi tiene in piedi, mi ricorda che ho bisogno di vivere e non sopravivere. sì avere contatto con la mia sofferenza, con il mio casino interiore, è un modo per resistere, per fare i pugni con la vita, cercando di avercela vinta. la verità è che fin a quando farò i pugni con me stessa, con la vita, e non mi darò la possibilità di lasciar andare quel casino, dentro proverò solo freddo. quel freddo che ho sentito in tutto questo tempo. il freddo che sento ogni mattina (quando mi alzo, dopo le notti insoni). e allora mentre sono qui, qui sul letto, dopo che ho visto quei post, dopo che ho letto righe di emozioni, ne ho fatto il pieno e allora le lacrime sono uscite. finalmente cazzo: era mesi che avevo bisogno di piangere. di piangere non solo di rabbia, di dolore, di paura. no, quando sento quei vissuti non riesco nemmeno a piangere. tutto diventa freddo, duro, rabbioso. ma poi basta così poco per trasformare il casino interiore e piangere di nostalgia, di gioia, ricordandomi che la vita nonostante tutto va avanti. solo che a volte ti sembra di trascinala, quasi come se dovessi tirarti dietro il peso del casino che hai dentro. e quanto pesa a volte quel casino? tanto, troppo. così tanto che pensi di non meritarti nemmeno di vivere. e quando accade, quando hai la sensazione di morire, vorresti che accadese il più presto perchè tutto ti sembra insignificante. poi bastano quelle righe, quell'emotività, quel casino di vissuti intensi che ti senti a casa, che ti senti aposto. naturalmente la fatica la senti, perchè come fai fatica a vivere il freddo della depressione, al contempo fai fatica a portarti dietro il casino delle emozioni forti; ma non importa. quello che importa è che per un attimo, anche solo un attimo, ho vissuto emozioni diverse, quelle che in genere mi fano bene al cuore. sì perchè di questo sento bisogno: di cose che mi fanno bene al cuore, che lo curano quel cuore che forse si sente troppo sballotato dalla fatica del quotidiano.

e allora capisco perchè porto avanti quelle battaglie personali: il riconoscimento della mia patologia, del mio vissuto e di ciò di cui ho bisogno, come l'importanza di integrare la realtà medica con quella umana, psicologica e sociale, o comunque la mia lotta per rendere una medicina più umana e accogliente. sì forse quelle battaglie che sono personali, ma anche collettive, sociali, mi portano a pensare che sono ragione di vita non solo perchè ci credo, perche mi hanno distrutto emotivamente, ma perchè penso che grazie a queste lotte, battaglie interiori e non solo, mi sento viva.

spegnermi la speranza di poter rendere il mondo socisanitario e socioasistenziale migliore è come togliermi la speranza di vivere. perciò si so che fare quelle battaglie, diventate ragione di vita, sono un fortissimo rischio per la mia salute, ma senza quelle battaglie, senza quel mettermi a rischio, senza la sofferenza non riesco a sentirmi viva. il problema è che a forza di fare a pugni con la vita, non sono più capace di continuare a stare male, a combattere senza sentirmi ascoltata, considerata e riconosciuta per quelo che sento dentro. sì, in un certo senso, la solitudine, il peso della soferenza, mi portano a doverla fare con altri quella battaglia. e forse non tutti sono disposti a mettere a repentaglio il proprio cuore e la propria vita per portare avanti quella lotta collettiva, che riguarderebbe tutti: operatori sanitari, del privato sociale, persone e famigliari. e forse per questa ragione mi ritrovo a essere sola, a combattere perchè più persone possibili, non passino mai quello che ho passato nella mia vita. No, nessuno deve essere trascurato, non ascoltato e sopratutto ignorato. nessuno deve e può essere violentato da chi ha potere: che sia un medico o qualsiasi altro professionista della salute. no, nessuno può e deve passare la merda che ho atraversato io: ognuno deve essere preso in carico per quello che è il suo problema, senza sentirsi ignorato, oppure senza sentirsi dire che il suo problema non è "Abastanza grave" per essere considerato. No, nessuno deve e può essere lasciato in dietro perchè ha una patologia per cui (prima vengono gli altri e poi tu). no, nessuno e ripeto, nessuno deve e può passare ciò che ho vissuto io. per questo non posso mollare la mia sofferenza, perchè lei mi ricorda la mia missione, il mio scopo esistenziale. sì, perchè quella battaglia, quella lotta che considero collettiva, per me non è solo una questione di principio, ma un bisogno esistenziale, la cosa che mi rende viva: sì, parlare di Dca, di medicina narrativa, di una medicina incentrata sulla persona e non solo sulla malattia, sono quelle cose che mi aiutano a rimanere in piedi. per questo devo continuare a parlarne, a scriverne, a confrontarmi con chi è adetto ai lavori. perchè se smetto di tenermi in relazioni, di communicare e sopratutto di comunicare su questi temi, dentro mi sento morta.

sì questo è il mio compito, il mio ruolo: parlare, parlare di questi argomenti, condividere la mia storia e farlo con chi ne ha bisogno, perchè parlare di me, di ciò che vivo, di temi legati alla crescita personale e non solo è ciò che mi fa sentire viva.

mercoledì 21 agosto 2024

Siamo tutti uguali: anche chi non vede forse lavora, forse non ha tempo come un normale comune mortale!

 avere una o più disabilità a volte pesa: sopratutto se chi ti sta vicino, te lo fa pesare. non parlo dei miei famigliari, nenchè meno del mio ragazzo, piuttosto della società in cui siamo inseriti. spesso si pensa alla persona disabile come quella persona che non può sbagliare, che non può essere stronza o comunque che a quanto pare non possiede una sua morale, fatta anche da scelte non sempre acettate e comprese datutti. ma ciò che spesso mi ferisce di più, è che a quanto pare le persone con disabilità (sopratutto non vedenti, o con disabilità sensoriale) debbano sempre organizarsi, o comunque sembra che loro non lavorino, non abbiano un tempo libero e che per farsi aiutare devono stare dentro gli schemi imposti da chi vuole ofrire quell'aiuto. in certi casi è giusto, necessario organizzarsi, ma in certi casi non ne capisco la necessità: sopratutto quando quest'esigenza dipende dalla scarsità della propria attività comerciale. sì, di recente ci è capitato di sentirci dire che dobbiamo chiamare prima, che dobbiamo organizzarci prima per fare la spesa, come se non potessimo avere un briciolo di normalità, di spontanetà, di vita vissuta come tutti. e poi, scusatemi, ma tu che mi dici che hai bisogno di organizzarti, ingenere quando vai a fare la spesa, non ti capita di andarci all'improvisso, mentre sei in giro e stai facendo tutt'altro? non sarà forse un diritto anche delle persone con disabilità andare a fare la spesa come tutti, con naturalezza, spontanetà e a caso, come capita a tutti? forse no, perchè tu sei "disabile", non hai il diritto di fare la spesa come tutti. no, tu che hai una disabilità, forse non lavori, forse non fai un cazzo durante il giorno e poi il tempo per fare tutto non sarà forse poco come te che lavori in un supermercato?

questo discorso per dire che è vero non si ci può lamentare, ma a volte, ho l'impressione che chi non è al tuo posto, chi non ha mai provato a essere non vedente, non udente, forse non avrebbe il diritto di dirti qualcosa. dovrebbe secondo il mio parere vivere quella situazione, tenendosi sugli occhi una benda o dei tappi nelle orecchie per una settimana, senza mai togliersela. soloallora secondo il mio modesto parere avrà il diritto di parlare, di dire la propria e sopratutto di non giudicare le vite degli altri. e comunque anch'io persona con disabilità lavoro, studio, vivo e non ho tempo come tutti. quindi acetta che arrivi in ritardo, che arrivo all'ultimo, che non c'è la possa fare e sopratutto invece che dire dei "sì" per acontentarmi, dimmi dei "no" chiari. poi sarà responsabilità mia acettarli come rifiutarli e trovare delle soluzioni diverse, come per esempio venire in cassa e chiederti all'ultimo di cosa ho bisogno. d'altronde volevo facilitarti la vita, ma come al solito non sei stato/a capace di guardare il bichiere mezzo pieno: anzi, non hai fato che lamentarti subito per 3 cose ordinate prima al telefono. Per fortuna il mio ragazzo (coinvolto in questa vicenda) non ha detto nulla, perchè forse da parte mia un paio di ceffoni metaforici gli sarebbero arivati in faccia, perchè nessuno può permetersi di tratarci diversamente dagli altri, anche perchè c'è un mondo intero che non fa altro che ricordarti che tu sei un peso, proprio per via della tua disabilità. perciò, cari comercianti, pubblici uficiali, impiegati, pensateci quando avete davanti qualcuno con dificoltà: nella magior parte dei casi chi è li a intercetarvi sarebbe ben contento di non chiedervelo, quindi avete almeno la decienza di andarli in contro, cosa che spesso, se si rimane tranquilli, anche noi vogliamo. vogliamo solo raggiungere l'obiettivo e lasciarvi in pace con il vostro casino. insomma non vuole di certo importunarvi e rompervi i coglioni. perciò se farete del bene, riceverete bene; se invece farete gli imbecilli, non farete altro che ricevere ciò che è di Cesare. in altri termini, non può essere colpa di un vostro cliente se non riuscite a servirlo: quando arriva uno che ci vede che fate? lo mandate via dicendogli che se chiama prima lo potrete aiutare, perchè potete organizarvi prima? no. come chiunque lo soddisfate, fermorestando che anche quel cliente di turno, il bastardo non vedente, forse vi sta pagando come tutti?

pensate prima di parlare o comunque prima di dire qualunque stronzata, che forse chi sta zitto campa 100 anni.

sabato 3 agosto 2024

Il diritto di scegliere, di prendere decisioni che non sempre gli altri comprendono!

vorrei urlare basta: basta a chi si dimentica che hai il diritto di scegliere. sì avere una o più disabilità, spesso porta le persone a far scegliere per te, come se questo fosse la norma. è ciò che è peggio è che non solo scelgono/decidono per te, spesso sanno loro cosa è giusto per la tua vita: loro sanno cosa devi fare, come ti devi comportare e sopratutto secondo loro se non sei perfetto, se non sei come vogliono loro, non vai bene. sì da una vita ho avuto la sensazione che qualsiasi cosa facessi (e ancora faccio) non andasse bene: come se qualsiasi scelta, decisione, non fosse abastanza. tu non sei suficientemente abastanza bella, abbastanza brava, abastanza ordinata. insomma come se tu non fossi perfetta, perfetta come gli altri all'esterno ti devono vedere, perchè tu non sei da meno. non è che se sei disabile sei meno perfetta degli altri. il problema è che ognuno fa le sue scelte, porta avanti la sua vita, e sopratutto ha prorità diverse. magari a qualcuno interessa troppo l'imagine corporiea, come ti vesti, come ti petini, per qualcun altro è più importante come ti senti, cosa pensi, cosa desideri. sì spesso mi sono trovata a questo bidio, in cui le mie priorità erano diverse. ma il problema è che sembra che il mio punto di vista, il modo in cui vivo le cose, l'importanza diversa a cui do peso, sono diverse da chi mi vuole bene. il problema è che per acontentare chi mi vuole bene, per non sentirmi meno degna d'amore, e non arrivare a un confronto aspro, ho sempre cercato di fare quello che volevano (e vogliono gli altrì: ora non c'è la faccio più, prima degli altri, vengo io. vengono i miei bisogni, i miei desideri e ciò che sento dentro. non so bene come mai, ma a un certo punto ho capito che acontentare chi voglio bene, non mi rende felice: anzi mi sento ancora più dentro a una gabbia da cui non riesco a uscire. solo che a forza di sentirmi in questa gabbia, finisco per stare così male da non tratenere più la rabbia, il dolore. a un certo punto, pur di farti capire che stai esagerando ti rispondo male, rovesciandoti adosso quello che penso. il problema è che facendo così si crea un conflitto fatto non più di parole, ma di silenzi. e forse sarà stato il fatto che a un certo punto ho incominciato a fare di testa mia, a ignorare i bisogni di tutti, la necesità di acontentare chi voleva qualcosa da me, ma di fare ciò che sentivo, che non riesco più a ignorare i miei bisogni. un po' come è stato per la gravidanza: a un certo punto che piacesse o no, sono andata avanti per la mia strada. ciò non vuol dire che si esenti dalla sofferenza, ma significa essere consapevoli che pur facendosi tanto male, cerchi di vivere fino in fondo: anche quando vivere significa fare scelte difficili, complicate e non sempre comprese da chi ti sta vicino, nonchè dai professionisti che ti seguono. ma ancora una volta, ciò che mi dico, è che acontentare gli altri lo fatto per una vita intera, ma non mi sembra abbia dato grandi frutti: perciò scelgo di accontentare me stessa e giusto chi ho scelto di avere al mio fianco

un groviglio di emozioni: i vissuti degli ultimi tempi!

sento freddo ai piedi, un po' come sento fredno nel cuore. gli occhi piangono, il cuore mormora ciò che mi trafigge. ho paura, ho paura del giudizio degli altri e allora proteggo il mio dolore. ho paura di sentirmi ancora ferita, ma nessuno può saperlo. ho paura di essere giudicata nelle mie scelte, ma ho solo bisogno di fiducia. di sentire quella fiducia che sento sempre più sgretolare sotto i miei occhi e chi non comprende, chi non capisce, chi dice che faccio scelte scelerate, come se non fossi consapevole dei rischi, sta sbagliando. cavoli, ho solo bisogno di vivere, di sentirmi viva, ma poi alla fine dentro mi sento morta. la stessa morte che ha saputo atraversarmi in un anno così complicato e difficile. perdere uno zio, il tuo punto di riferimento, il tuo "quasi" papà, nonno, fratello, amico, è dolorosisimo. la vita dicono tutti va avanti, ma nessuno pensa che dentro ti senti a pezzi: ti senti distrutto. provi a pensare che stai vivendo qualcosa di forte e pensi che sia lui (da là su) a regalarmi tante cose belle, tanta protezione eppure dentro mi sento a pezzi. Quando si perde un figlio tutti ti dicono che ne farai un altro, ma nessuno sa che magari quell'altro non può venire oppure non sa quanto per chi ha una sindrome rara come la mia, cosa vuol dire. e poi ci sono i medici che usano parole fredde, come rischi, controindicazioni, pericoli, che si dimenticano del cuore. quel cuore che ora si sente distrutto, che dentro sente di aver perso un'opportunità. ma per me l'oportunità più grande per ora è crescere grazie a quest'esperienza e continuare a vivere giorno dopo giorno. lo devo a me stessa, a mio zio e alla creatura che ho portato dentro: devo provare a cambiare ciò che mi fa stare male. e ci sto provando cavoli. ci cavoli, ci provo a fare del mio meglio per stare bene, per provare a non farmi divorare ancora una volta dal desiderio di mollare tutto. mollare tutto come feci in quel anno che mi ha fatto stare a letto sempre. ho paura di ricaderci ogni volta, perchè so cosa vuol dire non avere la forza di vivere. so cosa è la depressione e ho sempre paura di ritrovala.

sì nel 2021 appena uscita di casa, dopo quel periodo terribile che vivevo a casa dei miei, pensavo che le cose sarebbero andate meglio, invece non è andata così. per un anno intero (e non scherzo) non sono riuscita più a fare niente e poi quando provai a dare quell'esame preparato in poco tempo sentii che non c'è la potevo fare. e allora da li non ci ho più provato. in quell'anno sono stata leteralmente a letto (uscivo per il minimo indispensabile ma non riuscivo a fare nulla), oggi invece riesco almeno a tenere attive le piccole cose, quelle che mi dano vita, che mi fanno sentire viva. quelle in cui c'è qualcuno che mi aiuta, che mi sostiene nel svolgere quell'attività. e allora come dicevo quando ci sono gli altri rendo meglio: perchè la mia convinzione è: da sola non c'è la posso fare, non c'è l'ho mai fatta. la verità è che certi cambiamenti come quelli della salute, gli ho fatti totalmente da sola.. e allora forse la questione è crederci. credere che posso farcela, che posso fare la differenza. stasera ho contattato una persona che ho coivolto pio l'ano scorso in servizio civile, dicendomi che un'attività che avevo messo in piedi sta andando avanti. ciò mi ha dato gioia e ho detto: allora forse sono riuscita a lasciare il segno. e la persona mi ha risposto: ma tu lasci il segno un po' da per tutto. mi ha fato piacere, non solo perchè si è tenuto conto del lavoro fatto, ma sopratutto perchè mi sono sentita RICONOSCIUTA in qualcosa. questo bisogno di essere riconosciuta, di sentirmi validata nelle cose che faccio è una cosa che mi porto da quando sono bambina, cose, come se facendo meglio avrei avuto maggiore aprovazione e quindi amore. ecco, sentirmi riconosciuta è un po' come dirmi: tu vai bene, quindi meriti di essere riuconosciuta. tu non vai bene/fai male/ti comporti male col cibo, allora niente riconoscimento, niente amore da parte delle figure a cxi tengo.

in altre parole: riconoscere la mia componente emotiva è un po' come riconoscere me e quindi considerarmi per quella che sono, non per quello che vogliono (e volevano) gli altri io fossi.


e mentre sono qui che cerco di rimuginare sulla giornata, piangendo, emozionandomi, arabiandomi, tardando così il sonno, forse ho capito cosa mi spaventa dell'università: forse sono i giudizi. quei numeri ancora tornano, come se misurassero la mia persona. ma spesso sono le parole, oltre che i numeri, che ti pesano e sopesano, sminuendo il tuo impegno, la tua fatica, il tuo dolore. e magari in quel dolore ci sono le notti in bianco, la fatica di studiare, la salute in bilico per delle abbufate... le stesse che durante gli esami mi distrugevano lo stomaco per via dell'acidità. no, naturalmente chi avevo davanti non poteva sapere: non poteva sapere ciò che stavo vivendo, ma per via delle mie fatiche avevo la sensazione di rendere molto meno di quello che avrei potuto. e poi esistevo io: che non condividevo nulla, che stavo male e basta. all'epoca c'era il cibo che controllava la mia ansia, oggi il cibo c'è molto meno. e allora come posso controllarla quella ansia? come posso controllare tutto questo casino di emozioni che sento dentro, anche nelle giornate più calme?

Questioni di punti vista: non siamo "fragili", siamo umani!

Prima di scrivervi cosa è sucesso e racontarvi come mi sono sentita devo farvi una premessa che ritengo doverosa fare:

chi mi conosce e mi legge sa perfettamente come uso questa pagina pubblica per parlare di me, della mia storia e dei vissuti che questa comporta; ma sopratutto sa quanto per me condividere il mio vissuto sia una forma di battaglia collettiva. Racontare ciò che accade a me, serve anche per parlare delle battaglie di tanti, di molti che possono e si trovano a combattere con le stesse sofferenze con cui ho a che fare anch'io, in quanto ragazza, donn, con delle disabilità sensoriali e con una malattia cronica e rara quale è la Sindrome di Alstrom. Parlarne credo sia stato il mio modo per uscire dall'oscurità e provare a comunicare ciò che mi acade al mondo. In altre parole, molti di voi, sano come questo spazio, il Blog mi ha salvato dai momenti bui che ho afrontato. Momenti che esistono ancora oggi, la differenza che oggi provo a condividere ciò che provo con i professionisti giusti, provando a manifestare le mie opinioni ai diretti interessati. e così è stata anche questa volta: stufa del fatto che nessuno riusciva a leggere queste pagine, ho pensato bene di condividere il mio pensiero, di esprimerlo sia pubblicamente, che ai medici diretti interessati. devo dire che avevo tanti pregiudizi, ma confrontandomi ho trovato anche chi ha provato a capire e sopratutto ad ascoltare: che era quello di cui avevo bisogno da una vita.

Detto ciò, andiamo al dunque della questione: 

come dicevo io ho una sindrome rara, che ad oggi non ha una cura, ma si cercano di tenere sotto controllo le singole patologie legate alla sindrome stessa: fra le varie cose di questa malattia esiste anche il diabete melito. nel mio caso soffro di diabete di tipo 2: probabilmente, ne avrò ancora parlato in questo blog, ma non ricordo.

il punto è che a inizio marzo scopro di essere in attesa: una bella cosa direte voi. purtroppo non sono riuscita a vivermela bene: come l'ho scoperto, dopo qualche giorno scopro di aver subito un aborto spontaneo. nulla di nuovo direte voi: accade spesso, sopratutto nelle donne che ci stano provando per la prima volta. Il problema è che avendo io una patologia come quella diabetica, oviamente ha messo in allarme tutti gli operatori sanitari che in quel momento mi seguivano. anche questo non è stato un problema, quelo che sia io come donna, sia il mio compagno, in quanto parte della coppia, abbiamo percepito come problematico è stato il risvolto psicologico che tutta questa vicenda ha comportato. e posso dire che se i dolori fisici (derivanti dall'aborto spontaneo e dall'attesa che l'utero si ripulisse) sono durati all'incirca 2 settimane, quelli psicologici sono stati ben più pesanti e molto più difficili da accantonare. se poi si aggiunge che nel frattempo stava giungendo il primo anniversario della morte di mio zio, quello che è morto per una grave malattia nel 2023, allora tutto si faceva più complicato e doloroso. il problema è che non condividendo con i propri cari, tutto risultava ancora più pesante e doloroso. posso dire che il senso di solitudine è stato quello che ho percepito magiormente: tutti erano pronti a puntare il dito verso di me e il mio compagno, dicendoci che stavamo facendo un'atto incosciente e senza valutarne i rischi. La verità che noi abbiamo fato ciò che ci sentivamo, seguendo il cuore e la nostra volontà; fa naturalmente questo non è stato compreso. Ancora meno, nel momento in cui invece che sostenerci e incoraggiarci, hanno cercato di fermaci, di dirci che non saremmo stati in grado di farcela da soli. in altre parole, siamo stati considerati da qualcuno "fragili): come se avere una disabilità impedisse di avere delle responsabilità, di fare scelte e pagarne le conseguenze. ma quello che mi ha ferito ancora di più, è sentirsi dire che appunto la società avrebbe considerato la nostra coppia, in presenza di un figlio, come "fragile): come se non vederci o non sentirci ci impedisse di essere "genitori" come gli altri, tanto da dirci che se rintraprenderemo questa scelta dobbiamo costruire non solo una rete medica (che naturalmente era ovio, vista la mia situazione clinica), ma anche sociale, dovendo affidarci ai servizi sociali. Nulla da avere contro gli Assistenti Sociali, ho studiato per questa professione e non ho nulla contro chi fa questa professione: anzi penso che se fossimo a loro carico, avremmo degli aiuti che magari non conosciamo; il punto è che la legge lo richiede nel momento in cui hai una o più disabilità, per valutare se in quanto persone con disabilità, siete in grado di badare lle cure di questa creatura. Capisco se mi trovassi a maltrattare mio figlio, o a farli violenza, o se mancassi ai suoi bisogni, ma avere una o più disabilità non implica non prendersi cura di qualcuno, sopratutto se quest'ultimo è più fragile. Quindi oltre alla sofferenza per aver perso un figlio, alla consapevolezza che pochi, anzi pochissimi possono capirti/capirci, si al fatto che sei solo perchè hai paura di condividere ciò che ti è accaduto per via delle critiche e dei giudizi che chi ti vuole bene può farti, si aggiunge anche il fatto che vieni eticchetato come incapace, meno bravo, meno competente di altri per via della tua sordociecità. Inoltre c'è anche il fatto che hai una patologia poco compensata e ciò significa che portare avanti una gravidanza è contro indicato, come se ciò che si sente nel cuore e nella testa delle persone fosse contr indicato. so di esagerare, ma alla fine, se non mi fosi cercato uno psicoterapeuta per conto mio, ciò a cui si è dato importanza è stato per lo più dal punto di vista medico. capisco la ragione, ma forse anche il dolore che stavamo vivendo come coppia avrebbe dovuto essere considerato, cosa che purtroppo hanno fatto in pochissimi.

come dicevo all'inizio, questa è la mia storia, la mia esperienza, ma credo che non sono l'unica ad avere una disabilità e a trovarmi in una situazione simile; se poi a tutta la mia complessità medica, si aggiunge l'omertà che c'è ancora atorno a questi argomenti, quelli dell'aborto, del lutto e sopratutto del luto perinatale, posso dire che il carico di sofferenza è stato ancora più acentuato.

ripet!, fortunatamente ho trovato più di qualcuno che ha provato a capirmi, ma ho l'impressione che per quanto abbiamo capito i diversi punti di vista, si vada avanti a parlare in linguaggi diversi: noi che vogliamo essere genitori e che avendo avuto una gravidanza, ci sentiamo già famiglia; loro, i medici, che guardano alla complessità medica, ignorando forse, il fatto che q qualcuno ha un desiderio così profondo, sapia fermarsi così facilmente davanti a dei no. Forse si trata di incoscienza, forse di presunzione, ma quello che penso è che forse ciò che sarebbe giusto fare è rispettare la scelta di quella coppia e aiutare perchè quel desiderio possa essere realizzato, per quanto questo possa rendere le cose complesse e difficili da afrontare, perchè come lo si fa con chiunque è importante, anzi fonamentale, farlo anche quando esistono anche delle disabilità: anzi, quest'ultime devono essere viste come punti di forza, non come limiti, cosa che spesso la società continua a pensare. Inoltre, ciò che penso, è che invece che limitare, impedire, forse bisognerebbe costruire strumenti, risorse, che aiutino queste coppie a fare il massimo, invece che considerarle parte debole della società.

venerdì 3 maggio 2024

Abbiamo il dovere di salvarli!

Quando torno qui è perchè nella mia vita accade qualcosa di particolare, di significativo, ma che mi fa soffrire. Ho sempre pensato che questo blog è uno spazio prezioso, uno spazio per condividere emozioni, vissutoi,ma sopratutto lotte. Le mie lotte personali, che però sono comuni, che in un certo senso appartengono a molte più persone. Quando vengo qui, vuol dire che quel fatto, quell'evento mi ha colpito significativamente.
Ebbene sì, ultinamente sembra cheil mio passato mi perseguiti, che venga fuori completamente con i suoi punti di forza e con i lati oscuri che ancora devo scoprire.
naturalmente è difficile che io ne parlo apertamente, che tiri fuori quest'esperienza fuori da questo blog;ma è certo che quando accade che altri parlino di seguire una cultura alimentare specifica, mi arrabbio molto.
Ebbene sìì, stamattina una persona che lavora in un attività commerciale della mia città, ha provato a dare consigli al mio ragazzo su come alimentarsi. Nulla di che direste voi! No, purtroppo quando si danno consigli di questo genere, facendo osservazioni sul corpo altrui, si possono trasmettere MODELLI CULTURALISBAGLIATI, chechi è più fragile può prendere per "giusti". Questo come sappiamo può far passare mesaggi sbagliati, facendo così seguire quei modelli culturali. In altri termini, noi con le parole, con i gesti possiamo trasmettere mesaggi che possono distruggere vitegià fragili. vite che poi è difficilissimo ricostruire, mettere nuovamente in piedi. Senza poi scordarsi che per quelle frasi, queiapprezamenti, qualcuno potrebbe anche muorire. Quindi Insegnanti, medici, commercianti, genitoristate attenti perchè quello che dite, i giudizi che portate avanti, possono condizionare vite di generazioni intere, le vite dei nostri stessi figli. Ciò accade al di là del genere si amalano anche i maschi), della cultura, e/o dal cetto sociale: tutti possiamo ammalarci di un Disturbo alimentare. Per questo prima di parlare, prima di giudicare o fare qualsiasi aprezzamento pensateci bene: perchè per quelle parole qualcuno potrebbe butarre via tanto, troppo tempo della sua vita per provare a recuperare i cocci. Per questo per favore, quando si trattadi Cibo, Alimentazione, cultura alimentare, se non ricevete consigli richiesti, cercate di stare in Silenzio. Spesso il silenzio è un'arma molto buona per evitare di fare danni sulle vite così fragili e inesperte con le quali oggi i nostri giovani si trovano a farei conti. Abbiamo già a che farecon la cultura dell'immagine che vuole che tutti siano magri, filiformi e perfetti, non abbiamo sicuramente bisogno di qualcuno che faccia cultura alimentareper strada, o in un negozio. La cultura alimentare è da cucire sulle vite delle persone, conoscendo a mena dito le loro storie, i lori vissuti e la soffernza che tutto questo ha comportato. 
VI PREGO SMETTETELA DI FARE RUMORE, QUANDO NON SERVE: FATELA piu' Tosto PER AUMENTARE Consapevolezza NEI Posti GIUSTI E CON LE PERSONE GIUSTE.
Fare cultura alimentare è già complicato fra i professionisti, anche fra coloro che conoscono la realtà dei DCA da una vita, quindi limitatevi a fare il vostro lavoro e smettetela di dareconsigli non richiesti. I consPossono rovinare tante vite, non dimenticatelo mai, anche quando pensate che le vostre parole non possano ferire. Mi racomando: MENO PAROLE INUTILI E piu' Fatti UTILI, perchè la vita di tante persona possa tornare alla luce. lo dobbiamo per i nostri giovani, per chi costituirà il nostro futuro e loro lo sono. Loro sono gli adulti di domani e dobbiamo essere in grado di trasmettere una cultura alimentare, ma non solo, diversa: una cultura dell'ccetazione, del non giudizio e del rispetto delle individualità di ciascuno!

venerdì 1 marzo 2024

La ferocia di un corpo amartoriato!

questi giorni mi hanno fatto pensare a mio zio, al periodo in cui è venuto a mancaree ai tagliche mi procuravo su mio corpo. quei tagli non me li sono dimenticata, anzi, ancorami capita di volermifar male in quel modo, almeno non devo nuocere la mia salute col cibo, e quel che pensavo è che all'epoca non capivo perchè mi facessi così male. quello che penso è che un po' avevo bisogno di urlare il mio dolore, ma dall'altra avevo e ho bisogno, di ostruire quel corpo. quel corpo che per diverso tempo hanno voluto misurare, sezionare, pesare. sì, quel corpo che spesso tutti mi dicono essere "bello", per me è solo ingombrante, quasi troppo presente per i miei gusti. sì, ostruirlo, tagliarglo è un po' il mio modo per fargli guerra, per far guerra a chi ha voluto farmi male quando ero bambina. In alte parole,combattendo contro il mio corpo, non prendendomi cura di lui, non ascoltandolo, è come se in qualche modo avessi incominciato una guerra con quella categoria di persone che mi hanno fatto soffrire: i medici. Naturalmente alcuni medici (se ne salvano solo alcuni, quelli che hanno fatto ladiferenza; ma al di là di loro a cui devo molto, moltissimo, gli altri hanno avuto la capacità di abbusare diquel corpo. e allorada quel momento,da quando me ne sono resa conto, la mia ragione di vita e di morte è fare in modo che questo non accada più su nessun bambino! No, non esiste che un bambino venga misurato, pesato e denudato difrontre ai m@suoi genitori, senza dare spiegazioni su quello che si intende fare. Ancoora, nessun bambino dovrebbeessere giudicato "più o meno bravo" a secondadi quanto dimagrisce. No, questo è un modo più deleterio per far siluppare un disturbo alimentare. sì, nessun bambino dovrebbe subire quell'atrocità chevissuto sulla mia pelle. per questa ragione quando oggi vedo negligenza non riesco a tollerare nulla: anche un misero gesto, una parola di troppo, per me sono esageratamente dei gesti di violenza. sì, per me violenza è quando non mi sento ascoltata, quando non si fidano delle mieesperienze, quando pensano che essendo lorogli esperti tu non abbia voce in capitolo. violenza è anche chi non informa della presenza diqualcunaltro, anche operatore medico, che che è presente e sta visionando la tua situazione. violenza è chi fa di una parte del tuo corpo quello che vuole, senza chiedere il permesso, l'autorizzazione. in altreparole, chi decide al posto tuo se una determinata decisione va bene o meno. sì violenza è anche quando accendono e spengono il tuo impianto cocleare: non perchè facciano qualcosa dimale, maperchè si arecano il diritto di fare quello che vogliono sul mio impianto cocleare. io invece, che ne sono il vero possesore, non ho alcun diritto a programmare e gestire il mio processore in autonomia. capisco chi diceche è per unamia tutela, la verità è che anche gli esperti possono farti molto molto male. Naturalmente con delle limitazioni, credo che chi possiede l'impianto, debba essere libero di scegliere cosa fare del suo impianto cocleare. Quindi tornando al mio corpo,ad oggi, per me qualsiasi imposizione di potere, qualsiasi decisione che non comprendo fino in fondo, per me sono violenza. questo so che è esagerato, ma sono stata talmente traumatizzata da quelle azioni(che considero eticamente sbagliate), da continuare a soffrire come un cane ogni qualvolta vedo un operatore sanitario portare avanti azioni che non condivido e sopratutto non comprendo. Per questo, da quando ho memoria, ho incominciato a non eseguirei consigli medici e sopatutto a criticare ogni scelta che non condividevo. per questo motivo ho incominciato a mangiare: quello era (e ancora oggi è) il mio modo per urlare al mondo, cercando di far sentire la mia voce. solo qualche anno fa mi sono resa conto che per quanto io potessi urlare, facendomi male, nessuno mi poteva ascoltare continuando a farmi male. Ho capito che l'unico modo che avevo per farmi sentire era scrivere, parlare di ciò che mi fa e faceva stare male. Malgrado l'abbia compreso, non mi sono fermata: ho continuato a farmi violenza. Sì, violentarmi io, colpevolizzarmi, è diventato un abitudine. talmente abitudinario, che ancora oggi penso di "fareschifo", di non avere un corpo che mipiace. Anzi, se potessi, lo distrugerei sempre di più, nella speranza che qualcuno possa cogliere quel dolore che mi hanno fatto. sì, distrugermi, col cibo e con altre forme distruttive, mi resta uno dei modi che ho per farmi sentire. e ricordare a chi hmi ha violentata che certe parole, azioni, lasciano il segno. eccome se lasciano il segno: possono distrugerevite intere!x
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forte come la morte è l'amore: in memoria di uno zio speciale!

sempre durante il mio matrimonio ho scritto questa lettera, dove parlavo con mio zio. Anche questo testo è stato emozionante, vivo di ricord...