ho freddo. Ho freddo e sento il bisogno di rifugiarmi fra le
braccia di chi mi vuole bene. Di chi mi ama. Di chi, ha combattuto
strenuamente, notte e giorno, per starmi acanto. Sì, sento freddo fuori, quasi
come se mi salisse un brivido dalla schiena, ma poi mi rendo conto che attorno
ho un’infinità di amore e di calore. E, man mano che provo ad avanzare, quel
freddo cambia, si trasforma, in un certo senso, assume una forma diversa. Un
po’ come le mie emozioni, che giorno dopo giorno, si trasformano, cambiano,
diventano talvolta più intense e talvolta meno intense. E, mentre ti rendi
conto che tutto cambia, assumi la consapevolezza dentro di te e ti rendi conto
chec’è qualcosa che si annida, che non vuole proprio cambiare. No, non c’è
verso, più provo a cambiare le cose, più mi sembra di non farlo. E, quando
penso di esserci riuscita, mi rendo conto che non è andata proprio in questo
modo. Perché quello che credevo io, non coincide con i numeri: quei numeri che
mi hanno rovinato la vita, in fin dei conti, ti danno la direzione, tracciano
un percorso che definisce il tuo stato di benessere. E, quando ti rendi conto,
che quei numeri non coincidono con quello che pensi di star facendo, ti cade il
mondo addosso. Ed è lì, in quell’occasione, che ti rendi conto che non è tutta
una tragedia: tu hai fatto il possibile, ci hai provato almeno; ma poi,
provarci, non significa riuscirci sempre. Provarci significa fare dei tentativi
nel cambiare le cose e, non sempre, questeriusciamo a realizzarle. Provarci, in
fin dei conti, significa averci messo tutto l’impegno, ma se non ci riesci, non
vuol dire che sei sbagliata, o che sei insignificante per chi ti sta accano.
Non riuscirci vuol dire che bisogna cambiare rotta, individuare una strada
differente, che possa far stare meglio te e chi ti sta accanto. Ma un conto e
dirselo, un conto e provare a mettere in pratica questa teoria. Metterla in pratica significa provarci, con
tutte le forze, anche quando si è stanchi, anche quando ti sembra di non
riuscirci, anche quando tutto ti sembra impossibile. In definitiva, provarci
significa non smettere di lottare, anche quando ti senti solo, anche quando ti
rendi conto che non ti capisce nessuno, anche quando pensi che non vale più la
pena di continuare. Eh, quanto si è stanchi,
a volte, si rischia di perdere la pazienza, ma bisogna resistere, bisogna fare
in modo che non si molli mai. Ma sai ance tu che non è possibile non mollare,
anche perché siamo esseri umani. E, in quanto tali, ci perdiamo, facciamo
fatica, spesso molliamo. E quando molliamo, ci viene facile lasciar perdere,
mollare tutto, non tornare sui propri passi. E, a volte, facciamo pure fatica a
comunicare. A comunicare con chi ci sta accanto. A Volte, ti sembra quasi
impossibile, farsi comprendere da chi invece dovrebbe sapere, e quindi, conoscere
la propria situazione. No, spesso loro sono i primi a non capire, i primi a
ignorare aspetti importanti del proprio carattere, o aspetti importanti,
fondamentali, per la tua esistenza. E in tutto ciò, quanto è difficile vivere,
perché vivere significa essere vivi, provare a combattere ance quando è
difficile, troppo complicato. Ma combattere, spesso, è faticoso, non è
scontato. E quando non è scontato, richiede il desiderio di essere ricambiati.
Soprattutto quando quello sforzo è molto arduo. Sì, spesso, si vorrebbe avere
tutto subito, ma tutto e subito non si può avere, soprattutto quando la fatica
è tanta. Ma comunque sia, mentre ci provi, mentre provi a cambiare le cose, hai
paura di non riuscire a resistere, di non farcela, o comunque sia, di non esserci
riuscito fino in fondo. E spesso è quella paura, quel blocco emotivo, che ci
ferma, che ci impedisce di andare “oltre”: oltre le paure, oltre le resistene
oltre il desiderio di portare avanti il proprio processo di cambiamento. del cambiamento. Quel cambiamento che tutti,
troppi, hanno voluto, anzi preteso. Un cambiamento che necessitava di un
percorso, un percorso in cui il rispetto era la prima parola d’ordine. Quando
in verità, nessuno ha voluto, potuto, rispettare le mie esigenze, i miei tempi,
la mia capacità di vedere le cose da una prospettiva diversa, comune. In
definitiva, comprensibile per chi ti stava e ti sta accanto. Perché se c’è una
cosa su cui ho fatto fatica, e ancora oggi pongo resistenza, è la necessità di
vedere le cose dalla prospettiva di chi mi voleva e mi vuole aiutare. Per me
quella prospettiva era folle, impossibile da capire e accettare. Perché se per gli altri
seguire le indicazioni mediche significava stare bene, quando per me, non aveva
senso e significava solo mancarmi di rispetto. Mancarmi di rispetto nei tempi,
gli stessi che mi servivano per capire ciò che mi succedeva, e soprattutto,
darmi la possibilità di trasformare la mia situazione. E quella mancanza di
rispetto, quel non capire i miei bisogni, le mie esigenze, mi ha traumatizzato
per sempre. E, certi traumi, come certe cicatrici, non si guariscono
facilmente. Spesso ti fanno solo stare male e, cerchi piano piano, di trasformarli
per quanto possano continuare a bruciarti dentro. E più ti bruciano, più fai
fatica ad accettarli, affrontarli e farli tuoi. E, per quanto, chi ti sta
accanto cerchi di capire e aiutarti, tu fai fatica a cambiare le cose. Questo perché
i propri temi, non sono mai quelli degli altri. Per questa ragione credo che
un’adeguata presa in carico, da parte degli operatori sanitari, sia quella di
tenere conto dei bisogni della persona, ascoltando le sue richieste, e
soprattutto rispettando le sue scelte nei suoi tempi. Tempi che sono diversi da
persona a persona. E, per quanto certe cose, siano semplici, banali, di facile
comprensione per tutti, non è detto che per chi si ha accanto, di fronte, sia
lo stesso. Per questo nella cura, nel sostegno ai bisogni sociali e sanitari, è
fondamentale empatizare con chi si ha di fronte. Perché è facile utilizzare
protocolli, modelli comportamentali o medici, ma è difficile personalizzarli
sul bisogno di chi ci sta parlando, ascoltando. In definitiva, di chi ci sta mettendo
a disposizione il suo tempo, le sue energie e il suo cuore. Per questa ragione Rispettatelo
sempre quel cuore, perché nessuno di voi lo conosce fin in fondo. E, proprio
perché non lo si conosce, che bisognerebbe rispettarlo, perché nessuno può
sapere quanto dolo esiste dietro a quelle parole, dietro a quei sforzi. Sforzi
per comunicare ciò che si porta dentro. Per questa ragione, fate sempre
attenzione, perché le persone sono preziose, preziose quanto un fiore. E come
un fiore va rispettato, perché non lo si può fare per un essere umano. Che come
il fiore, combatte, lotta e soffre per non farsi calpestare. Il rispetto delle
persone, significa dunque rispettarle nella loro integrità, nei loro desideri,
nel loro bisogno di fare o non fare delle scelte. Sì, rispettare qualcuno
significa chiedere, capire, e non dare nulla per scontato, ma soprattutto
significa accettare le scelte di chi ci sta accanto, anche quando non le
capiamo, anche quando ci sembrano assurde. Rispettare in fine significa non
imporre nulla. Rispettare dunque che l’altro la pensi diversamente da noi.
Rispettare l’altro significa, in definitiva non sopraffare l’altro, anche
quando ci verrebbe l’istinto di farlo. Rispettare, significa in definitiva,
lasciare l’altro libero di scegliere, di decidere per sé stesso,
indipendentemente dalle conseguenze che può riscontrare. Perché solo così, un
soggetto può essere veramente libero di portare avanti i cambiamenti che ritine
più opportuni, secondo i suoi tempi e le sue esigenze. Per tutte queste ragioni,
anche quando è dura, anche quando è doloroso, non impedite alle persone che vi
stanno accanto di fare le loro strade, di prendere, in un certo senso, in mano
le proprie vite. E vedrete che quel freddo, quella durezza, quella paura del
cambiamento, a poco a poco, con pazienza e devozione, prenderanno una forma
diversa, le sentiremo quasi impercettibili nella nostra vita.
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