mercoledì 29 giugno 2022

Non si può essere ciò che gli altri vorebbero che noi fossimo!!!

Sono qui, qui sdraiata sul divano, quello di casa mia. Quel divano che, negli ultimi mesi, ha custodito gioie e dolori, prendendosi cura di me, anche quando tutto sembrava perso, anche quando tutto sembrava finito. Sì, qui ho riso, pianoto e vissuto i momenti più belli. Qui ho sofferto come un cane e mi sono fata le risate più grasse. E, mentre sono qui, qui seduta, sento il vento che mi accarezza il viso, i capelli, la pelle, ma dentro sono morta. Di una morte che non si conosce fino in fondo, di una morte che ti divora sempre più, a poco a poco, e ti prende tutto: le tue emozioni, i tuoi attimi di gioia, i momenti belli e spensierati. Sì, ti divora ogni cosa, ogni cosa che può farti stare bene. In altre parole, ti distrugge la tua stessa vita e con lei tutto ciò che ne concerne. Sì, più vai avanti, più ti senti spaccata, divisa in mille pezzi. Ma se mi chiedete perché, perché mi sento in questo modo, non so rispondervi. So solo che sono stanca, che faccio fatica e che la vita è molto più complicata di quanto si vorrebbe. Troppo complicata a volte. Così complessa che in certi casi si vorrebbe che fosse tutto più facile, più semplice, ma purtroppo o per fortuna, di facile a questo mondo non c’è niente. E con questa consapevolezza vai avanti, illudendoti di farcela, ma ad un certo punto ti rendi conto di non farcela più, di non avere più le risorse per vivere, per sorridere. A volte, ti sembra quasi di sforzarti per riuscirci, per riuscire a guardare il bicchiere mezzo pieno, per riuscire a non farsi soccombere dal caos della quotidianità. Ed è proprio in quel caos, in mezzo al casino dei giorni che passano, che capisci di non farcela, che capisci che hai paura. Paura di cadere, paura di non riuscire ad essere ciò che si vorrebbe, ma poi capisci che non si può essere ciò che gli altri vorrebbero che noi fossimo. E, con questa consapevolezza, con questo bagaglio di conoscenze, che ti rendi conto di non farcela, non farcela a continuare, a continuare ad accettare il peso del dolore. Quel peso che senti sul corpo e nel cuore. Quel peso che spesso strangola le mie emozioni, che le divora sempre più ogni attimo che passa. Sì, quanto è faticoso vivere a volte, ancora di più quando senti che fisicamente inizi a crollare. Più lo percepisci, più fai fatica: fatica ad accettare che le cose vadano diversamente, che tu stia diversamente da come speravi, da come ti aspettavi. In tutto questo, quel vento, quell’aria, ti sembra di non percepirli, di non percepire più nulla. In un certo senso, ti sembra di sentire tutto distante, così distante che ti senti quasi soffocare da quella stessa aria. In altre parole, ti sembra di vivere tutto con distacco, con freddezza, con la stessa freddezza che senti dentro. Una freddezza che ti fa sentire tutto lontano, distaccato, freddo per l’appunto. Di un freddo che ti incasina dentro, che ti scompiglia tutto, impedendoti di sentire ogni cosa, impedendoti di percepire tutto ciò che ti circonda, comprese le emozioni: quelle tue, che sembrano incapsulate in un cubetto di ghiaccio che non sembra intenzionato a sciogliersi; e quelle degli altri, che ti sembrano lontane anni luce. Sì, in quel casino, in quel caos, quello che senti è che tutto scorre: scorre inesorabilmente, ma dentro ti senti morire. Morire dallo scorrere frenetico della vita, in cui non trovi più lo spazio, il tempo per capirti, per ascoltarti e darlo spazio alle tue emozioni. Sì in quel casino, in quella corsa frenetica, tu cerchi di dare forma e spazio alla tua vita, ma ti rendi conto, che per una ragione o per una altra, quella vita forma non ne ha più. E mentre te ne rendi conto, mentre ti accorgi che tutto se ne va via in fretta, vorresti riempirli in qualche modo quei spazi, m ti rendi conto che non è più possibile, perlomeno, non ora. E, l’unico modo che hai, che conosci, è quello di riempirlo con le parole, quelle stesse parole, che spesso ti pesano, diventano il rumore delle tue giornate. E quanto rumore fanno quando ti rendi conto di non riuscire a capire, a comprendere chi ti sta accanto. E, quando accade, ti fa male. Ti fa così male che cerchi di ricuperare quello che è possibile, quello che riesci ad acchiappare dai dialoghi di chi vuoi bene. Ed è da quegli stessi dialoghi, da quei stessi discorsi, che ti rendi conto di quanto, alla fine di qui dialoghi, di quei discorsi, non resta molto, perché quel che conta, in fondo, è volersi bene. E volersi bene, non si colma con le parole, con i vuoti, con le urla, non si riempie con la rabbia. No, chi ci vuole bene, ci sta accanto indipendentemente da tutto, nonostante tutto: nonostante la fatica, nonostante la sofferenza, nonostante i momenti di sconforto, nonostante i momenti no. Chi ci sta accanto, ci sta vicino anche in quei momenti: quelli difficili, quelli negativi, ma proprio perché anche lui li vive, non ti giudica, non ti critica, cerca solo di sarti accanto con o senza le tue difficoltà, con o senza la tua disabilità, con o senza le tue patologie. Chi ti sta accanto, non ti sta accanto nonostante le tue difficoltà, nonostante i tuoi limiti, perché ti accetta per quello che sei anche con le tue imperfezioni. E, sono proprio quelle imperfezioni, quei tuoi stessi limiti, che sa guardare con occhi diversi, occhi di chi ti vuole bene, occhi di chi vuole andare oltre: oltre i tuoi stessi limiti, senza dunque dare peso alle tue imperfezioni. Le stesse che ti rendono ciò che sei, una persona unica, speciale per quello che puoi dare, per quello che ti porti dentro. Sì, chi ti sta accanto, ti guarderà per quello che sei, per quello che puoi donare, per quello che ti porti dentro, e non per quello che non sei o che vorresti essere. Sì, chi ti sta accanto, in definitiva, ti ama per ciò che sei, che dai, che vivi, e non per quello che gli altri vorrebbero tu fossi. Per questo dico a tutti voi, e a me stessa, che non dobbiamo sentirci in colpa per quello che siamo o per quello che facciamo, perché noi siamo quelli che siamo, anche quando ciò ci fa male, anche quando ciò fa soffrire fortemente. E allora, senza colpe, senza svalutazioni, tutto diventa meno difficile, meno pesante, più facile da affrontare, anche quando si sta male, anche quando tutto ti sembra insopportabile. Ed è lì su quel divano, che provo a combattere, ad affrontare anche ciò che ci sembra più difficile, più complicato, per l’appunto, impossibile. In definitiva, è in quel divano, che nel pieno della notte o del giorno, provo a potare avanti le mie/nostre battaglie. Quelle combattute, quelle da combattere, quelle che ci fanno male e quelle che sembrano insuperabili. Sì, da quel posto, su quel divano, mentre la corrente mi scompiglia i pensieri, che provo a rialzarmi, affrontando ancora più forte di prima, tutte le lotte che rettano da combattere. Le stesse che ci rendono le persone uniche e rare che siamo diventate.


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